Nel 1929 iniziò la sua collaborazione su «Pegaso», che continuò fino alla fine della rivista. Su «Pegaso» pubblicò alcuni fra i suoi più notevoli saggi, fra cui questo su Goethe, da Benco stesso considerato la sua migliore pagina critica.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Privilegio o inferiorità dei tedeschi, fra le grandi nazioni europee, quello di onorare il massimo loro poeta in un moderno, in un uomo dell’età relativamente recente? Certo è che, fondata ormai sul granito dei secoli, la grandezza di Omero, di Dante, di Shakespeare, di Cervantes è stabile, intangibile, consacrata da una tradizione contro la quale nulla possono le mutevolezze del tempi. Essi sono divinizzati. Per Volfango Goethe, questo impietrimento sacrale della fama, che di lui faccia in eterno e contro ogni vicenda il vertice spirituale d’un popolo, se forse avverrà un giorno, non mi sembra ancóra avvenuto. Negli anni della guerra, quando il nervo dell’amor proprio nazionale fu teso fino al parossismo, e i tedeschi si domandavano quale fosse il loro sommo poeta da mettere in vessillo come simbolo della nazione e del suo genio, sul nome di Goethe si divisero, ricordandone alcuni l’atteggiamento poco tedesco negli anni delle guerre contro Napoleone e la frequente sfiducia nella Germania; parve gli si potesse sostituire Nietzsche, e poi nemmeno questi piacque, per la sua inclinazione verso i francesi; e molti erano propensi a concludere che la nazione dovesse vedere il suo massimo poeta soltanto in Wagner. Ossia vederlo con l’aiuto della musica.

Scarica gratis: Volfango Goethe di Silvio Benco.