In concomitanza con un periodo di rallentamento della sua attività giornalistica, Haydée produce nel quinquennio 1922-26 tre romanzi: Allieve di quarta (Il “Cuore” delle bambine), Le quasi artiste e questo Sorelle.

Nonostante proprio nell’anno di prima pubblicazione di Sorelle, il 1926, Haydèe venga festeggiata a Trieste per i suoi quarant’anni di giornalismo, questo romanzo segna, nella carriera letteraria della scrittrice, l’inizio della parabola discendente della sua fortuna e notorietà e l’appannamento appare evidente a chi legge. Ci saranno ancora esperienze letterarie di minor conto ma neppure il continuare a tenere la rubrica Per la donna sull’“Illustrazione Italiana” vale a evitare la progressiva eclissi della scrittrice.

Il motivo che sta alla base del romanzo è tipico delle narrazioni di questa scrittrice e certamente le è congeniale, ed è quello del sacrificio che viene riproposto in questo caso dal contrapporre la donna-vittima alla donna sfarfalleggiante.

Tre piccoli orfani (il padre “sensale di borsa” – broker si direbbe oggi – di successo ma poco avveduto muore di tifo e la madre non sapendo affrontare le difficoltà economiche si suicida) vengono affidati alle cure di tre famiglie diverse di lontani parenti. Il maschietto scompare subito di scena e comunque muore ragazzino e rimangono le due sorelle la cui maggiore, Itala, vive a Treviso divenendo aiutante di un operoso artigiano della ceramica, e la più piccola, Marina, viene affidata a una ricca famiglia veneziana, crescendo viziatissima e nel lusso. Per colmo dell’ironia della sorte Marina diventa causa indiretta della disgrazia e sofferenza che si abbatte sull’artigiano ceramista e di conseguenza della rinuncia e del sacrificio di Itala. L’autrice non indulge in giudizi moraleggianti ma, se pure con un certo impaccio e con un tramonto della sua abituale scioltezza, mette con abilità in rilievo il confronto tra due stili di vita facendo comprendere a chi legge che il dono di sé e il sacrificio sia preferibile alla superficialità che scaturisce da un impulso egoistico.

Il romanzo comparve nella collana “Biblioteca delle giovani italiane” dell’editore Lemonnier e il motto di questa collana era «per più vedere». L’obiettivo era quello di «contribuire ad allargare la visione del mondo esteriore e spirituale […] Accanto al libro che parla all’anima un linguaggio di luce, ci sarà pertanto quello modesto che insegna ad amare le piccole cose della vita di ogni giorno […] i libri che trattano di questioni sociali o di alta cultura si alterneranno con quelli che intrattengono sulla casa, centro della vita femminile e sul bambino […] Poiché la donna per suo destino, è oggi chiamata a vivere nella propria casa e fuori una vita molteplice, essa deve trovare nella sua Biblioteca […] gli elementi che l’aiutino a svolgerla nel modo migliore […]» In questa direzione programmatica si spiega perché la curatrice della collana, Amelia Pincherle Rosselli, abbia alternato a testi di Laura Orvieto, Maria Messina, Maurice Maeterlink quelli, decisamente più modesti, di Haydée e Carola Prosperi. Il romanzo fu poi ristampato da Bemporad nel 1938.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

— Ebbene, che si fa? – chiese l’avvocato Fonda rientrando, svelto e zoppicante, nel salotto, dopo aver pagato il conto dei ceri per il funerale.
Il salotto vuoto dei suoi mobili eleganti, già portati via dai rivenditori, aveva, nonostante le tappezzerie dorate e l’alto soffitto a stucchi, un’aria triste e strana, colle finestre senza cortine, gli arpioni ai quali, pochi giorni prima, erano ancora attaccati gli specchi e i quadri, e alcune sedie di legno smarrite qua e là in quel vuoto lucente e sonoro dove echeggiava più alto il suono di voci e di passi che veniva dalle tre finestre aperte sulla calle. Accanto a quelle finestre stavano, raccolte in due gruppi, le quattro persone alle quali era indirizzata la domanda dell’avvocato, e che si voltarono al suono della sua voce. D’aspetto assai diverso, quelle quattro persone, che si osservavano reciprocamente a una certa distanza.
Da un lato i coniugi Marseni, due figure signorili e distinte. L’ingegnere Paolo, non più giovane, lungo, sottile e calvo come la sua mazza, con folti baffi d’un nero un po’ sospetto, gli occhi un po’ miopi dietro le lenti, una magnifica pelliccia aperta su uno sparato di smalto; la signora Giulia, piccolina, bruna, nervosa, trentacinque o trentasei anni, la figura ancora giovanile e snella nel sobrio vestito di panno scuro dal taglio impeccabile, gli occhi neri, vivacissimi, ma i capelli già brizzolati dalle atroci emicranie: signora dalla testa ai piedi.

Scarica gratis: Sorelle di Haydée (alias Ida Finzi).