Cuore bulgaro è una raccolta di sette novelle di Ivan Vazov, scelte dal traduttore e non corrisponde a nessuna raccolta dell’autore e anche il titolo, come spiega il curatore e traduttore Enrico Damiani, non esiste in nessuna delle sue raccolte ma corrisponde all’esigenza del Damiani stesso di sottolineare l’intensità delle emozioni e della commozione patriottica dell’autore. La nota comune di queste novelle è la volontà di indipendenza nazionale vista sia dal punto di vista del combattente che esalta il proprio coraggio per sconfiggere il nemico turco, sia dal punto di vista di chi resta (anziani e donne) che attende il ritorno del soldato o dell’insorto e lo supporta il meglio possibile, come fa l’anziana protagonista della prima novella.

Di grande pregnanza la vicenda di Vëlko, dapprima renitente alla chiamata dei soldati della riserva e poi protagonista dell’avanzata del proprio fronte e dell’arretramento di quello nemico senza sparare un colpo ma solo manifestando un irrazionale e sconsiderato coraggio che lascia interdetti anche i suoi ufficiali. La spinta patriottica porta in secondo piano gli affetti familiari, ma la solidarietà, non certo priva di dolore, delle mogli e compagne dei soldati e degli insorti è sempre presente e narrata con commozione. Non manca in questa raccolta la novella, da più parti considerata il capolavoro di Vazov, Nonno Jotzo guarda… dove con una calma seducente la liberazione della Bulgaria dallo straniero, l’affermarsi in patria di arti e mestieri, e infine la realizzazione delle ferrovie è “vista” con lo sguardo di un anziano cieco mai uscito dal proprio remoto villaggio, che segue con passione l’epopea nazionale verso la libertà e il progresso.

Non sono riuscito a rintracciare la data della prima edizione originale di tutte queste novelle. Quelle databili vanno tutte nel periodo di tempo 1885-1899, con l’eccezione di Dĕdo Jočo bleda (Nonno Jotzo guarda…) che è del 1917. Questa traduzione italiana è del 1925 ed è corredata da interessante introduzione del traduttore Enrico Damiani. Dello stesso traduttore, e sempre di Vazov, esiste, pubblicato in Italia nel 1947, la Storia del Brigante Melimelec che contiamo di presentare prossimamente in questa biblioteca Manuzio.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Nel pomeriggio del 26 maggio 1876, il giorno nel quale la legione di Bòtev1 era stata sconfitta al «Vola» sul Balcano di Vratza e lo stesso Bòtev era caduto colpito da una palla della banda circassa comandata dal crudele capo circasso Giambalàsët, sulla riva sinistra dell’Iskër2, di fronte a Liùtibrod, s’era ammassato un gruppo di donne liutibrodesi. Aspettavano il turno per attraversare il fiume con la barca. La maggior parte di esse poco sapevano di quel che succedeva e parecchie non se ne curavano affatto. L’andirivieni di chiassose bande da due giorni, dalla parte di Vratza, non le riguardava, ed esse continuavano ad occuparsi dei lavori campestri. Non c’erano in realtà che donne: gli uomini non osavano uscire. Benchè il teatro delle battaglie fra la legione e le bande fosse relativamente lontano da Liùtibrod, pure l’eco degli avvenimenti aveva portato turbamento anche qua e aveva spaventato la colonia maschile. Quel medesimo giorno varî soldati turchi eran venuti nel villaggio per tener d’occhio alcune persone sospette; ed anche sulla riva presso la quale faceva servizio la barca c’erano dei soldati che ispezionavano chi essa trasportava dall’una all’altra sponda. In quell’ora la barca si trovava sull’altra riva e le contadine aspettavano impazientemente che tornasse a prenderle. Finalmente tornò. Il barcarolo, liutibrodese, pagato dal villaggio per quel lavoro, puntò il remo sul fondo del fiume per tener ben ferma la barca sulla riva e gridò alle donne:
— Venite, donne, presto!

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