(voce di SopraPensiero)

Pubblicato Manzoni e Diderot di Alessandro Luzio.

Pubblicato nel 1884, questo testo rappresenta la tesi per il diploma di licenza conseguito dal Luzio nel 1878 alla facoltà romana di lettere e filosofia.
Pone a confronto due personaggi, due creazioni letterarie, che nella somiglianza del loro destino, rivelano personalità diverse, ma soprattutto un diverso intento ideologico degli autori. Gertrude e Susanna Simonin sono entrambe costrette al convento da una violenza dei genitori, ma Manzoni ne fa responsabile il secolo, con la sua ambizione, il suo spirito di casta; Diderot si scaglia invece contro l’istituzione e l’idea religiosa.

Sinossi a cura di Catia Righi.

Dall’incipit del libro:

Sarebbe forse impossibile qualunque più ingegnoso ravvicinamento tra così opposte nature d’uomini e di scrittori, se Manzoni e Diderot non si fossero incontrati, e non a caso, a narrare la storia lacrimevole di fanciulle infelici, da violenza e calcolo di genitori costrette reluttanti alla vita monastica.
Tuttavia, nell’identità stessa del tema, appariscono più marcate le disparità d’indole e d’intenti: la Religieuse è violenta requisitoria contro l’istituzione – l’episodio dei Promessi Sposi s’inquadra, per così dire, nell’idea pessimista-cattolica che informa tutto quel mondo; – all’improvvisazione eloquente, appassionata del Diderot contrasta l’obbiettività fredda, profondamente incisiva del Manzoni.
Queste diversità nella trattazione d’un medesimo argomento non erano per altro solo naturali, indipendenti, quanto anche, in parte, nel Manzoni volute. Studiosissimo, nella sua giovinezza, della letteratura francese, imbevuto dello spirito filosofico, egli conobbe e ammirò senza dubbio il romanzo del Diderot; e, più tardi, il ricordo di questo non poteva essere estraneo a determinare l’episodio della Monaca di Monza. Nel quale anzi dovett’essere intendimento del Manzoni di ripigliare sopra un addentellato storico il primo motivo della Religieuse, la violenza cioè fatta da genitori ad una figlia; ripigliarlo e svolgerlo alla sua maniera, scevrando dalla narrazione o addebitando al secolo, all’individuo, quanto il Diderot aveva prodotto di tristo e di odioso all’istituzione, all’idea religiosa; cercando, assai visibilmente in qualche punto, di contrapporre un’indiretta ma efficace confutazione al libro tendenzioso del filosofo.