Ambientato nel Medioevo, in una località e un castello assoggettati ad invasori “barbari”. Fiora e Avito erano promessi sposi ma per ragioni diplomatiche Fiora è dovuta andare sposa a Manfredo, come corollario degli accordi di pace tra i vincitori e i vinti.

Ma la storia d’amore tra Fiora e Avito prosegue, agevolata dalle frequenti assenze di Manfredo, sempre impegnato nelle sue imprese belliche. Ma della cosa sospetta l’anziano padre di Manfredo, Archibaldo, che è cieco e deve fidarsi del servo Flaminio, il quale copre l’amore “illecito”, essendo anche lui tra gli oppressi. Ma il sospetto di Archibaldo si trasforma in certezza dopo la disperata confessione di Fiora, e Archibaldo furente la uccide strangolandola.
Avito non può rinunciare a visitare la salma dell’amata e viene sorpreso da Manfredo mentre la bacia. Le labbra della donna defunta sono state cosparse di veleno mortale e per Avito la sorte è segnata. Manfredo, comprendendo il grande amore dei due, non riesce a odiare, adagia Avito morente al suolo e a sua volta bacia le labbra avvelenate di Fiora.
Questo dramma fu trasformato in libretto e musicato da Italo Montemezzi, riscuotendo grande successo in Italia (la prima il 10 aprile 1913 al Teatro della Scala) e all’estero. Il noto tenore Edoardo Ferrari Fontana interpretò Avito sia alla Scala che al Metropolitan Opera di New York.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

ARCHIBALDO.
Grazie, Flaminio: guarda quella porta.
È chiusa bene?
FLAMINIO
lascia il vecchio; attraversa la stanza; s’avvicina alla porta di faccia.
Accostata; signore….
ARCHIBALDO.
Chiudila bene, ma senza rumore…
Pentito; con premura.
No; lasciala! Che credi tu? Che senta?…
FLAMINIO.
Chi, mio signore?
ARCHIBALDO.
Amaro.
Ma che sei? Stordito
dal sonno? Chi ci dorme mai, di là?…
FLAMINIO.
Fiora! La sposa del figliuolo vostro!
ARCHIBALDO.
E dunque?
FLAMINIO.
Ma lontana: molte stanze
ci separano.
ARCHIBALDO.
Temo di svegliarla….
Dorma; dorma: che giovinezza è sogno….
Non altro! A me negato ora è sognare
chè il sonno mi tradisce e come un’ape
molesta scherza con le mie palpebre,
poi che la sorte m’ha seccato gli occhi….

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