Morandi affronta nel più importante saggio di questo volumetto la crisi susseguente alla “rivoluzione” parlamentare del marzo 1876, che pose fine al governo di Minghetti e diede via libera al governo della sinistra “storica” guidato da Agostino Depretis.In realtà il re aveva auspicato, al momento della caduta del precedente governo Lanza, un ministero Minghetti-Depretis, ma questa “larga intesa” fallì prima ancora di prendere forma. La leadership di Depretis nell’ambito della sinistra storica non era comunque così netta. Alla morte di Rattazzi, infatti, Depretis ebbe l’appoggio del quotidiano «Il Diritto» ma non quella di «La Riforma» che riteneva il Depretis poco energico e non sufficientemente autorevole per porsi alla guida di tutta la sinistra.

Come Morandi ricorda efficacemente, il programma liberale-progressista del Depretis era stato annunciato fin dall’ottobre 1875 nel celebre discorso di Stradella (compilato in realtà da Correnti, come documenta accuratamente Morandi) e comprendeva l’istruzione elementare obbligatoria e gratuita, l’abolizione della tassa sul macinato, l’abolizione del corso forzoso e la riforma del sistema elettorale. L’azione prudente e temporeggiatrice fu però una delusione per quelle parti progressiste che si attendevano, alla caduta della destra, una politica sociale di diversa e più efficace incisività.

Questo portò quindi successivamente all’alternarsi del Depretis con Cairoli, che meglio interpretava queste istanze più radicali, in numerosi ministeri successivi per circa 11 anni, fino all’avvento di Francesco Crispi. Ma l’esposizione di Morandi si limita ad evidenziare gli elementi che erano in embrione nel 1876-77 e che si svilupparono poi negli anni successivi, sempre tenendo conto anche delle caratteristiche personali del Depretis e dei suoi rapporti con Correnti.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del primo saggio La polemica sul Risorgimento:

Chi vorrà scrivere un giorno la storia della cultura italiana di quest’ultimi decenni dovrà fare un po’ di posto anche alle discussioni sul Risorgimento, e cioè al diverso atteggiarsi degli spiriti, al loro agire e reagire, di fronte a questo grande moto spirituale e politico che segna l’atto di nascita della nostra moderna vita nazionale. A promuovere una polemica sul Risorgimento contribuirono senza dubbio l’Oriani (sulla scia del Ferrari) con la sua calda passionalità di scrittore politico più che di storico, e poi, in altra direzione, Piero Gobetti con il suo ingegno, con la sua cultura un po’ disordinata, ma soprattutto con i suoi sinceri e generosi interessi spirituali. Senonchè il Croce individuò subito i limiti dell’orianesimo, e l’Omodeo precisò i termini entro i quali si chiudeva la posizione del Gobetti. La migliore storiografia etico-politica, fuori di quelle vie più attraenti che sicure, riprese la propria strada. Ma, ai margini o contro di essa, cominciarono a pullulare, in un apparente fervore di studi, le tendenze più disparate e contraddittorie: figurazioni ingenue ispirate ad un patriottismo elementare, oppure interpretazioni suggerite da motivi prammatici, da preoccupazioni contingenti, da gusto rettorico e apologetico. Tendenze più o meno consapevoli e sincere, ma tutte sfocianti in una progressiva e sistematica alterazione del Risorgimento nel suo significato storico e nel suo valore morale. Per un verso, s’è intentato un processo al Risorgimento (eco dell’altra grossolana condanna di tutto il secolo XIX), per essere stato troppo liberale, per non aver risolto il problema religioso, per la scarsa valutazione di quello sociale e così via, concludendo col giudicarlo una rivoluzione fallita e con l’accusarlo di essere stato diverso da come si sarebbe voluto che fosse. Altri, invece, si abbandonarono alla facile quanto vana fatica di scoprire i «precursori», incuranti delle prospettive falsate e del senso storico, anzi del semplice buon senso, compromesso e violato. Una schiera malinconica ma numerosa di «chierici» si votò alla «riabilitazione» dei personaggi condannati dalla stessa coscienza degli uomini del Risorgimento: e fu una gara ad esaltare i sovrani spodestati, i ministri falliti, i politici reazionari, i giudici al servizio dell’Austria o dei Borboni, con lo specioso pretesto d’una presunta obiettività scientifica.

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