La “critica dell’economia politica” designa in pratica la scienza sociale peculiare inaugurata da Marx e che risulta essere assai diversa dalla scienza economica tradizionalmente intesa. Anche in questo breve testo, spesso messo da parte dalle bibliografie marxiane, la dicotomia protezionismo-libero scambio e la propensione di Marx per il secondo serve solo per richiamare il concetto, non economico, appunto, ma sociale, della possibilità di affrettare, attraverso il libero scambio, il susseguirsi delle crisi di sovraproduzione che porteranno, secondo il materialismo dialettico, alla crisi ultima e al rovesciamento del capitalismo.

A scanso di equivoci Engels, nel proemio che fu anteposto alla stampa del discorso di Marx nel 1889 – cioè 41 anni dopo che il discorso fu pronunciato – ribadisce in modo ancor più netto che la propensione marxista per il libero scambio è esclusivamente vista nell’ottica di affrettare “il giorno della fine”. È appena il caso di aggiungere che, anche in questo caso, il materialismo dialettico si è rivelato strumento insufficiente per prevedere le dinamiche del cambiamento sociale. Infatti dice Engels al termine del suo proemio: “Che voi vi gettiate nelle braccia del protezionismo o del libero scambio, ciò non produce in definitiva alcuna differenza, e ben poca nella lunghezza dell’intervallo che vi separa dal giorno della fine. Poichè assai prima di tal giorno il protezionismo sarà diventato una pastoia insopportabile a qualunque paese che aspiri, con qualche probabilità di successo, a tenere il suo posto nel mercato mondiale.” Chi segue anche solo un poco le politiche economiche attuali può constatare facilmente come queste previsioni siano state decisamente avventate.

Tuttavia le riflessioni sul libero scambio che Marx compie, in questa come in altre opere, risultano invece ancora estremamente utili per lo sviluppo di un dibattito sull’argomento che, come vediamo ogni giorno, risulta ancora estremamente attuale. Quello che nota Marx, cioè che protezionismo e monopolio formano un binomio spesso inscindibile, è dato certamente confermato. Il protezionismo porta a consentire un aumento dei prezzi e quindi a provocare una contrazione dei consumi alla quale i monopoli rimediano con gli strumenti che lo stesso protezionismo fornisce, cioè forzando le barriere altrui mediante premi d’esportazione che vengono finanziati dai sovraprofitti ottenuti proprio grazie al mercato protetto, oppure infiltrandosi all’interno di esse con l’esportazione di capitali.

La variante più consistente, rispetto al punto di vista di Marx, è messa in luce in particolare dal marxista austriaco Hilferding con visione decisamente lungimirante nel suo Finanzkapital, del 1923, quando sostiene che il dazio si è trasformato da mezzo di difesa a mezzo di offesa poiché mette al riparo l’industria dalla concorrenza estera e gli consente di alzare i prezzi in proporzione all’altezza dei dazi; il capitale finanziario si trova quindi nella possibilità di prelevare dei sovraprofitti che hanno sostanzialmente la natura di un’imposta diretta e che finiscono per essere utilizzati a finanziare la competizione a livello internazionale.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Verso la fine del 1847 veniva convocato a Bruxelles un Congresso di libero-scambisti. Era una manifestazione di quella campagna per il libero scambio che si faceva allora dagli industriali inglesi. Vittoriosi in patria per la revoca della legge sui cereali nel 1846, essi passavano sul continente chiedendovi il libero accesso dei prodotti delle manifatture inglesi, in cambio del varco aperto in Inghilterra ai cereali del continente. A quel Congresso Marx si era inscritto fra gli oratori ma, come era da attendersi, le cose vennero condotte per guisa che il Congresso si chiudesse prima del suo turno. Così quel che aveva da dire, dovette esporlo invece all’Associazione democratica internazionale di Bruxelles, di cui era fra i vicepresidenti.
Essendo oggi la questione del libero scambio e del protezionismo all’ordine del giorno, si credette utile pubblicare una versione del discorso di Marx, e me ne è chiesto un proemio.
«Il sistema protezionista, dice Marx1, fu un mezzo artificiale per fabbricare industriali, per espropriare i lavoratori indipendenti, per capitalizzare gli strumenti nazionali di produzione e di sussistenza e per abbreviare colla forza il passaggio dalla forma medievale di produzione alla odierna.» Tale fu il protezionismo al suo sorgere nel secolo XVII e tale è rimasto ben innanzi nel XIX. Esso venne elevato a regola di ogni Stato civile nell’occidente d’Europa.

Scarica gratis: Discorso sul libero scambio di Karl Marx.