Pubblicato nel 1926, con appassionata e illuminante prefazione del marito Silvio, è una raccolta di vicende e bozzetti spezzati con grazia, agilità e maestria nella dimensione della novella. Grazia che non nasconde comunque gli aspetti crudi della vita dei più miseri come le donne slave di Il loro mondo, o nello spasimante dolore della madre boscaiola nel racconto Il Bambino.

Lacrime anche negli occhi di una strana ragazza che ride, ride e solo distrattamente cerca di mimetizzare le sue bizzarre fattezze. E tristezza negli occhi azzurri del vorace costruttore svedese di pianoforti che nasconde un grosso uovo di pasqua per i suoi piccoli amici. Vittorio Tranquilli così scrisse, sul «Piccolo» del 1° giugno 1926, di questo libro: “Destino zingaresco di questa donna, che nell’illusione di liberare il proprio spirito dal perenne stimolo che la porta a trascrivere se stessa e le proprie sensazioni, cerca sotto tutti i climi di ritrovare nel mondo delle sue creature una patria ideale in cui placare la sete inesausta di bellezza e gli inviti indomabili della fantasia”.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Ha voluto la sorte che l’autrice di questo libro mi sia vicina più d’ogni altra creatura. Ella porta il mio nome, ed io porto il più prezioso bene che possa chiamar mio. Ringrazio la sorte. Possa questo libro che è uscito laboriosamente, ma schiettamente dal suo spirito, sorridere, trepidare, ombrarsi, riscintillare, effervere di un alcunchè di nervoso e di vivido, come ai miei occhi l’intelligente donna che io conosco mutabile come il cielo sotto il tormento della sua agitata bontà.
Ella ha scritto sempre, ed ha scritto poco nella sua vita. Ha sempre dovuto combattere con sè stessa per appurare la visione che era così chiara e così densa di vita nel suo spirito d’artista. Dapprima si era illusa come tutti i giovani s’illudono, che tutto fosse una questione di forma: aveva cioè tentato di risolvere il problema alla superficie. Ma di questo non poteva appagarsi: sentiva troppo bene che c’è una grande distanza tra una novella architettata e scritta con una correttezza senz’aria e l’irrompente un po’ tumultuosa freschezza con cui le sensazioni si sprigionavano dalla sua personalità.
Perciò dubbi, accoramenti, mortificazioni del proprio ingegno: silenzi di lunghi anni: amor proprio amareggiato: tutte le sofferenze e tutte le trepidazioni. A non poter scrivere ciò che sentiva in sè, si sentiva uccisa. Ma peggio, lo scrivere altrimenti: e questa era la sua coscienza. La graziosa donna e la madre ardente e vigile elettrizzata dalle ansie materne, parevano tutta lei al giudizio degli estranei: e nel fondo delle sue ore taciturne, c’era il patire dell’artista ferita.

Scarica gratis: Creature di Delia Benco.