Il credo artistico dichiarato dall’autore fu sempre basato sul narrare di sé, non staccarsi nei racconti dalla sua vita, trarre solo dai ricordi e dalle esperienze le pagine che avrebbe scritte. Proprio in questo romanzo, con tutta evidenza autobiografico, troviamo una pagina nella quale è espresso magistralmente lo stato angoscioso della sua ispirazione e spiega il motivo della sua scelta:
«Vissuto chiuso e stretto, come compresso nella sua esperimentata esistenza, con lo scarso sussidio del suo sapere avrebbe presto sentito la sfiducia nel procedere se avesse tentato di attingere dove i confratelli potevano prendere facilmente. La nostalgia del mare, entro le ferree navate della fabbrica irta di guaiti e di stridori metallici, lo assaliva a volte come al capo un abbaglio di sole penetrato dai lucernari per ferirgli gli occhi spersi nella caligine dei forni e degli ordigni meccanici. Non aveva per distinguersi, per dire una sua parola che il patrimonio della sua esperienza e delle nostalgie e a flotti cominciò a versarle nelle pagine con un sapore salso e così intense immagini che i suoi scritti trovarono per virtù propria fogli, riviste e lettori impreveduti.»
Il romanzo porta la data “Sestri Levante 1933-1935” ma fu pubblicato solo nel 1950. L’anno successivo Descalzo avrebbe conosciuto una morte prematura. Tra la data di composizione e quella di pubblicazione intercorre un lasso di tempo non breve, forse per difficoltà editoriali e forse anche perché l’evidente “riconoscibilità” di troppi personaggi frenava un poco l’autore.
La struttura romanzesca appare come costruzione esteriore: è l’elemento biografico invece ad essere prevalente in ogni pagina, con i dati quotidiani che mettono la sordina sulla idealizzazione fantastica del reale concreto. Questo consente all’autore di fornire alla letteratura contemporanea alcune delle pagine migliori, per quello che concerne la descrizione fedele della vita d’officina, nelle quali ritroviamo l’amore dell’operaio per i suoi compagni di lavoro e la gioia per un lavoro comunque creativo che, se compiuto con vocazione, può dare gioia. Questo nonostante vicende e pensieri che attraversano le giornate scandite dal lavoro della fabbrica siano spesso pervase da quel senso di umiliazione che viene inflitta a Giacomo (l’alter ego dell’autore) da direttore e capi, tanto più quando avevano ormai saputo che quell’operaio stava conquistando una certa notorietà in campo letterario. La competizione non sempre leale tra compagni di lavoro per ingraziarsi i superiori e far carriera viene descritta in contrasto con il fascino che sul protagonista esercitano le macchine con una loro armonia imprevedibile fatta di movimenti e rumori. Anche quando il suo lavoro diventa prevalentemente impiegatizio non cessa di vivere in pieno la sua condizione operaia (e anche il salario rimane quello da operaio nonostante le promesse di adeguamento).
Se confrontiamo le pagine di Tutti i giorni con quelle del diario (pubblicato, purtroppo, solo in parte) che Descalzo teneva, troviamo molti personaggi del romanzo nella sua vita di ogni giorno. Dal barone Lumbroso, al professor Operti – che curò la prefazione alla prima edizione di Uligine nel 1929 – dallo scrittore olandese Arthur Van Schendel alla figliola sua Corinna: a proposito di questa dice nel diario il 7 luglio 1932, riflettendo sul proprio disagio nell’essere invitato a ballare: “A un tratto mi sono ricordato di essere operaio, mi è parso di sentire l’odore di fabbrica che hanno tutti i miei abiti ineleganti, ho capito che avrei scontrato le fragili caviglie con le mie scarpacce”. È facile rintracciare nel romanzo le medesime emozioni e la medesima inquietudine.
Da ricordare che nel 1951 sfiorò l’assegnazione del premio Bagutta, che in quell’occasione fu invece assegnato a Indro Montanelli, nonostante il voto e il parere contrario di diversi giurati. La vicenda è narrata dall’amico Antonio Pinghelli e ricordata anche da Carlo Bo nel discorso per l’inaugurazione del busto di Descalzo sul Lungomare di Sestri Levante.
Nella prima parte del romanzo viene narrata l’esperienza del protagonista come impiegato postale; la seconda parte è invece dedicata alla vita di fabbrica, finché la sistemazione delle tre sorelle – e l’offerta di un impiego presso gli uffici comunali che gli avrebbe consentito tempo libero e viaggi – consente a Giacomo di realizzare alcune aspirazioni, e si chiude con il viaggio in Australia che sarà la cornice del suo libro La terra dei fossili viventi.
Credo sia bello ricordare la recensione che Pinghelli scrisse per “L’Italia” di Milano il 24 gennaio 1951:
«Quest’ultimo libro di Giovanni Descalzo richiamerà alla mente di qualche lettore uno dei più noti romanzi di Jack London, Martin Eden, se non altro per il fatto che i protagonisti principali – entrambi uomini di mare – partono da umilissime condizioni e, attraverso un assai duro tirocinio, pervengono ad affermarsi nel campo della letteratura […]».
Commentando la recensione, Descalzo fece questa riflessione: “Si vede che c’è parentela. Io l’ho sempre un po’ invidiato (riferendosi a Martin Eden) per la sua poderosa energia fisica, frustrato com’ero dai malanni…”. C’è però da ricordare che Martin Eden non riuscirà ad attenuare la delusione con il raggiunto successo e le sue ultime energie saranno impiegate per autoannientarsi in mare, mentre per presentare Tutti i giorni il titolo – su cinque colonne – scelto fu “Tutti i giorni dello scrittore arrampicano verso la fede”.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
— Se arriva posta al mio nome, prego consegnarla anche ai miei figli. – Si fecero avanti al portellino del piccolo ufficio postale un ragazzo timido che arrivava appena al passamano, con gli occhi assenti come quelli dei giovani strabici e una giovinetta più alta. La presentazione, del tutto superflua in provincia, rivelava già di per sè un ordinato carattere nordico. Presentò un passaporto e l’impiegato, per compiacerlo, prese nota del nome: G. Nyman, indugiando a considerare la testa ancora giovane e già aureolata di capelli bianchi dello straniero che usciva.
— È uno scrittore – spiegò il capo ufficio. – Se fa come l’anno scorso ci vorrà la carriola solo per lui…
Tutti i pomeriggi, mezz’ora dopo l’apertura, la ragazza si presentava allo sportello. Non ebbe mai bisogno di far sapere cosa domandasse giacchè una mano le porgeva subito un piego dopo aver ripassato, per dovere d’ufficio, tutta la corrispondenza a ventaglio onde rileggere l’esatto indirizzo.
Plichi voluminosi, libri, bozze di stampe con francobolli stranieri; l’impiegato tentò qualche volta di decifrare le etichette, ma non riuscì che a comprendere approssimativamente qualche nome di città. C’era dunque al mondo qualcuno che dando vita alle proprie fantasie riusciva a vivere? Questa considerazione gli mordeva dentro non avrebbe saputo bene quale parte del corpo o dello spirito, ma solo per un attimo.
Scarica gratis: Tutti i giorni di Giovanni Descalzo.