Il testo, pubblicato nel 1920, riunisce due versioni sceniche dei romanzi I tre ladri e Quelle signore. I tre ladri fu rappresentato la prima volta a Buenos Ayres il 5 settembre 1910.

Il primo ladro, Tapioca, è un ladruncolo che cerca di barcamenarsi tra arresti e furtarelli; il secondo, Cascarilla, allievo e vecchia conoscenza di Tapioca, è invece ladro sofisticato e “vincente”. Il terzo, Nicola Ornano, è un industriale che deve la propria ricchezza ad attività non sempre limpidissime. Tapioca e Cascarilla si ritrovano ad essere contemporaneamente nella casa di Ornano e pensano di avere qualche ora di tempo prima del rientro dello stesso e della moglie. Ma mentre per Tapioca è un caso, Cascarilla ha un piano ben preciso perchè sa che in cassaforte ci sono i contanti di una importante vendita immobiliare. I coniugi Ornano rientrano prima del previsto, Tapioca viene acciuffato mentre Cascarilla fugge con il malloppo. Segue il processo a Tapioca al termine del quale riappare Cascarilla… Memorabile interpretazione di Totò nei panni di Tapioca nel film del 1954 di Lionello De Felice.

La versione scenica di Quelle signore ricalca la trama dell’omonimo romanzo, oscurando però la maggior parte dei personaggi maschili, in particolare di Ellera, nel quale – nel romanzo – era facile riconoscere Marinetti. La vicenda è imperniata sul personaggio della prostituta Anna, detta Marchetta, che ritrova la figlioletta, riuscendo a superare l’apatia e il “mal di vivere”.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del primo testo teatrale I tre ladri:

L’anticamera spaziosa della signorile abitazione dei coniugi Ornàno.
Arredamento sobrio e aristocratico.
Zoccoli di vecchia quercia rivestono le pareti sino all’altezza di un uomo.
Sulla parete di fronte allo spettatore, un lungo attaccapanni a vari bracci infissi nello zoccolo separa due cortinaggi di velluto severo, che scendono fino a terra, nascondendo l’uno una finestra, l’altro un uscio di comunicazione con l’ala di un appartamento riservata al commendatore Nicola Ornàno. Sulla parete di sinistra si apre la porta d’ingresso, presso la quale fra due sontuosi orci in terracotta di Signa collocati su sgabelli di quercia scolpiti nello stile famigliare ai fiorentini del quattrocento, sta a mo’ di sedile una cassa massiccia dello stesso legno e intagliata dalla mano dello stesso artefice.
La parete di destra è arredata alla stessa maniera e su di essa, dietro cortinaggi uguali ai primi, si apre l’uscio di accesso alle camere occupate da Noris Ornàno, moglie del commendatore.

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