Nel 1839 il brioso ingegno di Defendente Sacchi dedicava alle Signore gentili, come strenna nuovissima, l’illustrazione del vecchio mondo quando si credeva ancora alle streghe. Quel suo spiritoso lavoro era accolto come un benefico presagio della caduta delle antiche superstizioni e se ne teneva il ricordo come quello di una storia di vecchie paure.

Dall’incipit del libro:

Ecco un’altra superfluità che si pretende nei libri; v’ha egli bisogno che un’opera abbia un piano? o almeno che si sappia trovarlo dall’autore? Alcuni pongono innanzi l’esempio dei maestri di musica o le orecchie di quelli che li sentono: quando fanno la sinfonia del melodramma, in poche note v’infondono tutta l’indole della composizione; in un momento siete trasportati dall’ameno dei campi al rimbombo del tuono, al fragor dei cannoni, agli sdegni di guerra, alle paci degli amanti, e chi se ne intende, pregusta tutta la grande tela che seguita. Eh l’è un bell’esempio! dovrebbero seguirlo tutti gli autori dei – libri; porre in principio, se è un trattato filosofico o di scienze, un’idea, come usarono Vico e gli enciclopedisti; se un romanzo, un sunto a forma di novella; sarebbe una cuccagna, il più bel progresso de’ nostri lumi: la maggior parte de’ lettori, udita la sinfonia, se ne andrebbero, e tutti i giornali ad ogni modo parlerebbero dell’opera dandone l’estratto…. Ma capisco, è un chiedere troppo; non è tanto facile ad un autore compendiarsi, perchè sovente non sa rendere ragione a sè stesso di ciò che abbia cantato in un grosso volume.
Per queste buone ragioni dimando anch’io umilmente perdono, se non valgo più degli altri autori; però, perchè non voglio in tutto rinnegare l’utile, se non so imitare i maestri di musica, seguirò l’esempio de’ coreografi. Al primo alzar del sipario, essi sogliono attelare sul palco tutta la gente che hanno parte al ballo, dal re fino al fante, amici e nemici, e sovente anche quelli che devono arrivare da lontani paesi; tutte quelle creature fanno – quattro smorfie, una danza fragorosa, si mischiano, si confondono, quasi non se ne cava più nulla; ma in fine a gran ventura capita un messo, un carro, un temporale; si acqueta quel fragore, tutti si dividono e ricomincia l’azione.

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