(voce di SopraPensiero)

Pubblicato Vita di Giuseppe Garibaldi. Volume secondo e volume terzo di Luigi Palomba.

Dall’incipit del libro (Volume secondo):

Daniele Manin e Giorgio Pallavicino, sebbene nati in una fede tutt’altro che monarchica, indovinarono e compresero il segreto della politica di Vittorio Emanuele e di Cavour, e troncando il filo delle proprie tradizioni, ebbero tanta virtù di ribellarsi alle idee dei partiti a cui da tanti anni erano appartenuti, e fare accettare dai repubblicani, dai rivoluzionari e dagli autonomisti un programma di transazione, sia pure momentanea, per poter unire tutto in un fascio il nuovo gran partito nazionale.
Garibaldi, che aveva accettato il programma della Dittatura sabauda, come egli soleva chiamarla, con fede cieca, senza restrizioni di sorta, con tutta la sua influenza e il suo prestigio, favorì potentemente la formazione di questo nuovo partito che si componeva degli avanzi di tutti i vecchi.

I membri del Comitato dell’Associazione nazionale nella compilazione del programma, sofisticarono se dovesse dirsi «finchè, o, purchè, o, perché, la monarchia di Savoia sarà fedele ai patti promessi.»

Giorgio Pallavicino a quando a quando dubitava della fede di Cavour, quindi poneva nuove condizioni, esigeva nuovi pegni, assicurazioni, promesse; e scrivendo a Daniele Manin, gli diceva: «Intanto si lusinga il bravo Garibaldi per corbellarlo in appresso. Mi duole all’anima di quel valentuomo, il quale presta fede alle parole di Camillo Cavour. Senza un cambiamento di Ministero in Piemonte, l’Italia non si farà in eterno; abbilo per vangelo» e in un altra lettera: «L’Italia in questo momento non ha peggior nemico di Cavour.»