Esposizione e idee non particolarmente originali o nuove, ma comunque un punto di vista interessante sulle civiltà del mondo. La necessità ha portato l’uomo del neolitico a essere il primo inventore e ad adattarsi all’ambiente in maniera da poter dapprima sopravvivere e poi percorrere la storia segnandola con le sue invenzioni, dettate non solo dal bisogno ma anche dal desiderio.

La prima conquista del fuoco, i primi strumenti, ciò che è stato appreso dall’era glaciale, dalla caccia e dall’agricoltura, la prima forza motrice, i contributi dell’Egitto, insieme a quelli dello Yucatan e del Perù, tessuti, tabacco, ferro e mezzi di trasporto e ciò che essi hanno portato al mondo. Certamente traspare in più punti la particolare visione dell’autore che assegna molto rilievo all’industria tessile e allo sviluppo della società umana attraverso quest’ottica.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

L’uomo è l’unico animale che abbia mai unito la curiosità all’esperienza, facendo in modo che la combinazione fruttasse continui interessi. È anche l’unico animale che includa se stesso e i suoi affari sociali entro l’ambito di questa curiosità. Ma in ciò, egli è forse meno fortunato.
La crosta terrestre è tempestata delle ossa dei mastodontici animali che furono i contemporanei dell’uomo primitivo, e in certo senso i suoi rivali nella lotta per l’esistenza. Mancava loro la facoltà di pensare o sognare o costruire efficacemente; ora essi sono «fossili», e formano l’orgoglio dei musei e la delizia dei paleontologi. Ma l’uomo, portato dalle ali del suo intelletto, l’uomo avanza tuttora, superando ostacoli naturali con la sua facilità all’invenzione, per poi inventare ostacoli sintetici che vanno sotto il nome di usanze, tradizioni e leggi: i quali impediranno il rapido progresso delle sue invenzioni meccaniche. Apparentemente, egli è sempre pronto a perfezionare queste invenzioni, e ugualmente proclive a lasciar correre in materia di sociologia.
Questo stato di cose dura da parecchio tempo ormai. Secondo i geologi, somma autorità in questo campo, i primordi della nostra razza risalirebbero a un milione, forse a mezzo milione d’anni fa. Che cosa significa, per essi, qualche millennio in più o in meno? In stadî anteriori, non si ha traccia di nulla che somigli anche solo lontanamente all’uomo. Vogliamo goderci, sia pur soltanto per un momento, la squallida soddisfazione del conservativismo, e accettare un’anzianità di 500.000 anni per quel dato animale il quale a partir da allora cominciò ad agire umanamente, cioè a pensare; e tentiamo quindi di stabilire una relazione fra le sue invenzioni meccaniche e sociali.

Scarica gratis: Storia della civiltà di Morris De Camp Crawford.