(voce di SopraPensiero)

 

Pubblicato Sembra una favola di Giuseppe Thòlozan.

Dall’incipit del libro:

C’era una volta un paese strano. Non strano perché l’acqua dei fiumi corresse a ritroso o perché le montagne fossero capovolte o perché vi splendesse di notte il sole e di giorno la luna o perché le persone ragionassero con i piedi e camminassero sulla testa; no. L’ordine, o, se vi piace, il disordine della Natura era tal quale in tutti gli altri paesi del mondo. Anche in quel paese gli uomini entravano in casa dalla porta e non ne uscivano dalla finestra; i gatti non abbaiavano e non belavano i lupi.
La stranezza di quel paese era nel fatto che tutti gli uomini e tutte le donne lavoravano, tutti i bimbi giocavano, tutti i vecchi riposavano e non c’era neppure un povero a volerlo pagare a peso d’oro.
Ciascun lavoratore faceva il suo lavoro preferito e nessun lavoro rimaneva da fare. C’erano scienziati di tutte le scienze, architetti, ingegneri, artisti di tutte le arti, educatori e insegnanti, artigiani di tutti i mestieri, massaie, sarte e sarti, stiratrici, fioraie e perfino giocolieri e saltimbanchi. Ma ciò che rendeva quel paese addirittura stranissimo era l’assenza assoluta di proprietari privati, di preti, di militari, di poliziotti, di padroni, di ladri, di assassini, di giudici, di avvocati, di prostitute. Ma più strano ancora era che in quel paese nessuno comandava e nessuno ubbidiva. Non c’erano governi centrali sovrani, non sudditi, non capi e dipendenti, non gerarchie di sorta e niente moneta.