Il romanzo Le due Diane fu pubblicato nel 1846-47 sotto il nome (già celebre) di Alessandro Dumas, e ne fu tratta nel 1865 una riduzione teatrale firmata da Dumas stesso e dal suo amico e scrittore (meno celebre) Paul Meurice.

In quell’occasione, Dumas scrisse una lettera pubblica, in cui affermava Meurice essere stato l’autore del romanzo. Aggiungiamo che non è questa l’unica opera pubblicata a nome di Dumas, che quasi certamente fu scritta da altri letterati facenti parte della sua cerchia; a differenza di queste altre opere, per Le due Diane l’affermazione proviene da Dumas stesso ed è quindi assolutamente attendibile. Alcuni critici, come F. W. J. Hemmings, hanno comunque ritenuto il romanzo “privo totalmente della destrezza del tocco di Dumas” e quindi letterariamente inferiore ad altre opere da lui firmate.

Le due “Diane” del titolo sono Diana di Poitiers e Diana di Castro, protagoniste della vicenda insieme con il conte Gabriele di Montgommery e diversi altri personaggi storici del XVI secolo (i re Enrico II e Francesco II, Caterina de’ Medici, i Montmorency, il duca di Guisa eccetera), le cui vicende si intrecciano con altre figure popolari aggiunte per esigenze narrative. Nella narrazione si alternano numerosi episodi storicamente accertati ed altrettante vicende di fantasia.

Di seguito riportiamo quindi alcune brevi note biografiche di questi personaggi storici, la cui vita narrata nel romanzo è significativamente diversa. Questo non è quindi uno “spoiler” del libro stesso, ma anzi un invito a leggerlo senza preoccuparsi della verosimiglianza delle vicende.

Gabriel de Lorges, comte de Montgommery. Huile sur toile d'Eloi Firmin FéronIl conte di Montgommery, Gabriele de Lorges, nacque nel 1530 e fu decapitato nel 1574. Fu un abile uomo di guerra, responsabile involontario della morte del re Enrico II durante un torneo cavalleresco. Fu poi uno dei più abili comandanti dell’esercito protestante comandato da Coligny durante le guerre di religione. Il padre, Giacomo (1485-1562), era un gentiluomo di origine scozzese, che mutò il nome originario di Montgomery aggiungendo una “m” per francesizzare i suoi discendenti. Gabriele era capitano della Guardia Scozzese, come già suo padre, quando nel 1559 durante un torneo, indetto in onore delle nozze di Elisabetta figlia del re con Filippo II di Spagna, trapassò con la sua lancia l’occhio del re Enrico II; il re sopravvisse ancora qualche giorno, perdonando Gabriele, e fu curato senza successo anche dal celebre medico Ambrogio Paré. Una profezia di Nostradamus fu fatta corrispondere a questo episodio.

Dopo la morte del Re, Gabriele fuggì prima di essere formalmente bandito dalla Corte, e si spostò in diverse regioni d’Europa, per poi tornare in Normandia. Convertito al Protestantismo, fu uno dei protagonisti delle tre guerre di Religione, conquistando per le truppe di Coligny numerose città, e sovente massacrando i prigionieri cattolici. Dopo la pace del 1570, riuscì a sfuggire al massacro della notte di san Bartolomeo e riparò a Jersey; Elisabetta regina d’Inghilterra ne rifiutò l’estradizione ai francesi. Ritornò a combattere in Francia nel 1574 con un gruppo di fuoriusciti, ma a Domfront fu catturato, portato alla Conciergerie e decapitato in piazza della Grève alla presenza di Caterina de’ Medici. Sposò Isabelle de la Touche, ed ebbe quattro figli, di cui il più celebre e suo erede fu Gabriele II (1560-1635).

Diana di Francia, Duchessa di Angoulême (1538-1619) fu una principessa francese dell’epoca delle guerre di Religione. Era figlia di Enrico II (all’epoca ancora Delfino) e della piemontese Filippa Duci, ma fu allevata da Diana di Poitiers, all’epoca favorita di Enrico (alcuni sostengono invece che fosse figlia di Diana). Fu educata quindi come una principessa, apprendendo diverse lingue e la musica. Ancora bambina, nel 1547 fu promessa sposa a Orazio Farnese (1531-1553), nipote del papa Paolo III e con l’occasione insignito del titolo di Duca di Castro. Per poter concludere le nozze, la nascita di Diana fu legittimata, le nozze furono stipulate nel febbraio 1553, ma Orazio morì in battaglia nel luglio dello stesso anno. Il re la diede in sposa nuovamente nel 1557 a Francesco di Montmorency (1530-1579), figlio del conestabile Anna di Montmorency, che la stimava particolarmente. Visse a Corte apprezzata da Carlo IX ed Enrico III, poi rimasta vedova, nel 1582 le fu donato il ducato di Angoulême. Visse tra Parigi, dove fece costruire un palazzo, la residenza dei Montmorency a Vincennes, ed i suoi possedimenti di Angoulême; e fu ancora protagonista nel 1588, negoziando l’accordo fra Enrico III di Francia e il suo erede Enrico III di Navarra. Dopo l’assassinio del fratellastro Enrico III nel 1589, si allontanò per qualche anno dagli intrighi di corte, ma ritornò nel 1594 ed ebbe la responsabilità dell’educazione del Delfino, il futuro re Luigi XIII. Morì a 80 anni nel 1619, senza discendenza (i suoi figli del secondo matrimonio erano morti in gioventù). La statua posta sulla sua tomba si trova oggi presso la Biblioteca Storica della Città di Parigi: ci viene mostrata in atteggiamento devoto, intenta alla preghiera.

Diane de Poitiers, anonyme, avant 1525, pierre noire et sanguineDiana di Poitiers (nata nel 1499 o 1500, morta nel 1566), duchessa di Valentinois, fu per oltre vent’anni la favorita di Enrico II. In realtà vi sono poche fonti storiche su di lei, in particolare la sua fama popolare di donna forte, avida di onori e potere, non è supportata da nessuna fonte sicura. La famiglia de Poitiers era già bene introdotta a Corte, ed imparentata con i Valois, ma la data di nascita di Diana, che avvenne nel Delfinato, è incerta.

Sposò a 15 anni (1515) Louis de Brézé, di quarant’anni più anziano, da cui ebbe due figlie, Françoise e Louise. Fu dama di corte delle regine Claudia ed Eleonora, rimase vedova nel 1531, vestendosi di nero d’allora in poi; con la morte del marito entrò in possesso di una fortuna che amministrò in nome delle figlie, e fece prosperare. Poco dopo (1533) Enrico II sposò Caterina de’ Medici, matrimonio appoggiato da Diana nonostante le origini “borghesi” di Caterina, cui era legata da vincoli di parentela. Enrico e Diana diventarono amanti, si crede, a partire dal 1536, quando lui aveva 17 anni e lei 36 o 37. Con l’ascesa al trono di Enrico II, Diana ricevette in dono via via sempre più terreni e gioielli di Corte, nonché il titolo di duchessa di Valentinois. I suoi appartamenti a Corte erano vicini a quelli reali, come se fosse una principessa, ma il re fu sempre molto discreto nelle sue relazioni intime, e si ritiene possibile che la relazione fra i due, da un certo punto in avanti, possa essere stata platonica, con Diana nel ruolo di confidente ed amica, ed il re in quello di suo cavalier servente. Caterina fu a conoscenza della relazione, e l’accettò sia pure a malincuore.

Diana fu forse influente nella politica reale, soprattutto all’inizio della relazione con Enrico, che tutti i giorni, dopo pranzo, si recava nel suo appartamento e discuteva con lei degli eventi della mattinata, ma non esistono resoconti che dimostrino in quale maniera si esercitasse la sua influenza. Fu certamente cattolica e contraria al protestantismo, ma al di là delle polemiche religiose, non è dimostrato che influisse sulle persecuzioni protestanti. Più dimostrabile la sua influenza nella distribuzione di incarichi ai suoi favoriti, e il mecenatismo nei confronti di pittori, scultori, architetti e letterati. Conflittuale invece il rapporto con il conestabile di Montmorency, l’unico che potesse influire veramente sul re, che favorì gli incontri del re con una amante facente parte del seguito di Maria Stuarda: anche se i due si riconciliarono, i loro interessi furono spesso opposti. Il favore dimostrato da Diana all’ascesa dei Guisa, per controbilanciare i rapporti di potere a corte, si espresse quindi dando in sposa la figlia Louise a un cadetto dei Guisa. Al crescere dell’influenza della famiglia Guisa, fu inevitabile un ravvicinamento fra Diana e Montmorency, a partire dal 1558.

Dopo il ferimento di Enrico II, Diana non visitò il re morente, né partecipò ai suoi funerali, e fu bandita dalla Corte insieme alla figlia. Quindi restituì i gioielli della Corona a lei donati, ritirandosi nelle sue proprietà, in particolare ad Anet. Neppure la vedova Caterina mostrò interesse a perseguitarla, limitandosi a scambiare la proprietà di Chenonceau (frutto di manovre poco lecite di Diana) con quella di Chaumont. Nel 1565 Diana si ruppe una gamba cadendo da cavallo, e fu curata da Ambrogio Paré. Morì l’anno seguente; la causa della sua morte è stata recentemente attribuita ad una intossicazione da oro. Diana infatti riteneva che una bevanda a base di oro, assunta quotidianamente, le avrebbe conservato la bellezza e l’aspetto giovane. Analizzando i suoi capelli, nel 2008, un patologo ha trovato una concentrazione di oro 500 volte superiore al normale.

Le vicende di Diana di Poitiers sono state narrate, oltre che nelle “Due Diane”, in diversi film, tra cui Diane De Poitiers (1956, interpretata da Lana Turner, regia di David Miller), serie televisive (2022, Isabelle Adjani) e puntate in serie di ispirazione storica, prevalentemente per la TV francese. Porta il suo nome una rosa ed una specialità gastronomica (torrone).

Fonti principali:

Sinossi a cura di Gabriella Dodero

Dall’incipit del libro:

Era il 5 maggio dell’anno 1551. Un giovinetto di diciotto anni ed una donna di quaranta, esciti da una casettina di modesta apparenza, attraversarono a fianco l’un l’altro il villaggio di Montgommery, situato nella valle d’Auge.
Il giovine apparteneva alla bella schiatta normanna dai capegli castani, occhi cilestri, denti bianchi, labbra rosee. Aveva quel colorito fresco e vellutato degli uomini settentrionali che, non di rado, toglie al loro volto alquanto dell’espressione virile per farne quasi una bellezza femminile: del resto era meravigliosamente delineata la sua taglia, vigorosa e flessibile insieme, somigliante alla quercia in uno ed al rosaio. Vestiva in modo semplice, ma con eleganza, una giubba di panno color viola oscuro con leggieri ricami di seta del medesimo colore. I calzoni erano della stessa stoffa, e portavano gli stessi ornamenti della giubba; due alti stivali di cuoio nero, come portavanli i paggi ed i valletti, montavangli al disopra del ginocchio, ed un berretto di velluto, alquanto inclinato da una parte ed adorno d’una piuma bianca, copriva una fronte, su cui potevansi scorgere in una sol volta i segni della calma e della fermezza.
Il suo cavallo, di cui teneva le redini attortigliate al braccio, seguivalo alzando di tempo in tempo il capo per fiutar l’aria, e nitrendo agli effluvii che il vento gli apportava.

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