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Romanzo biografico, diretto a un pubblico di giovani lettori, imperniato sulla figura mitica di William Frederick Cody, in “arte” Buffalo Bill, nato nella contea di Scott in Iowa nel 1846 e morto a Denver nel Colorado nel 1917.
Il romanzo ricalca fedelmente la vita avventurosa di Bill Cody fin dalle esperienze giovanili in qualità di pony express, poi guida nell’esercito, cacciatore, esploratore, soldato nella guerra civile e nuovamente guida nelle guerre indiane. Certamente cavalcatore e tiratore eccezionale, si guadagnò ampia fama come cacciatore di bisonti (da questo temine inglese “buffalo” derivò il suo soprannome) negli anni 1867-1868 quando la Kansas Pacific Railroad si rivolse proprio a lui per approvvigionare il cibo per i numerosi operai addetti alla posa dei binari ferroviari spesso in località quasi deserte e raggiungibili con difficoltà.
Partecipò alle guerre contro Sioux e Cheyenne, fino a diventare deputato nel 1872 per lo stato del Nebraska. Dopo il 1876 decise di mettere a frutto fama ed esperienza esibendosi dapprima nel circo Barnum e poi, nel 1883, organizzando lui stesso un circo itinerante – Wild West Show – che fece tournées oltre che negli Stati Uniti, anche in Europa. In Italia rimane famosa la sconfitta nella sfida relativa alla doma dei puledri con i butteri maremmani.
Nonostante il periodo (anni ’30 dello scorso secolo) nel quale fu scritto questo libro, le idee razziste in merito alla ferocia e cattiveria degli “indiani”, nativi americani, sono abbastanza contenute. Più discutibile appare invece il tentativo di mitizzare come eroi le figure di Custer, che di Buffalo Bill fu amico, e, soprattutto del generale Winfield Hancock; le sue campagne contro i Cheyenne sono oggi giudicate dagli storiografi del tutto ingiustificate e inutili. Da ricordare la descrizione del cruento duello tra Buffalo Bill e il capo Sioux Mano Gialla, con il quale Cody intese vendicare la morte dell’amico Custer.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Cominciava a far caldo: il cavallo, stanco della lunga trottata del mattino e poco riposato nella breve sosta fatta al mezzogiorno per permettere al cavaliere di trangugiare un boccone all’ombra di uno di quei cespugli spinosi chiamati «chaparral» che coprono a macchie la prateria, là dove il terreno arido e polveroso si va lentamente sollevando verso i primi contrafforti delle Montagne Rocciose, nel Colorado, camminava con la testa bassa, fumando per il sudore che il fresco vento di primavera, ancora odoroso di neve, gli asciugava sul dorso, lasciandovi larghe striature biancastre di sale, tra i ciuffi di peli rappresi.
Era una bella bestia: uno di quei cavallini nati dall’incrocio dei cavalli selvaggi con animali di allevamento. Non alto, ed un po’ tozzo di corpo, di gambe forti e ben disegnate, dava quell’impressione di forza e di resistenza che ci si attende sempre di trovare nel pony, il cavallo da sella ideale per chi debba compiere lunghi percorsi giornalieri in luoghi deserti e difficili, dove la sicurezza, o meglio, la vita del cavaliere è spesso affidata alla bontà della cavalcatura. L’uomo che sedeva sulla comoda sella all’americana, dal pomo alto, cui era fissato il «lasso», che i «cow-boys» chiamano «riata», parola che vuol dire «corda» ed è stata ereditata dai «vaqueros» messicani, era un giovane uomo, forse nemmeno ancora un giovanotto, alto di corpo e di membra ben proporzionate che dinotavano in lui una elasticità ed una forza non comuni.
Scarica gratis: Buffalo Bill di Luigi Antonio Garrone.