Il dramma in tre atti Alleluja (1892), opera di un trentenne Marco Praga ormai avvezzo alla composizione di testi per il teatro, non ha niente di religioso, come farebbe intendere il titolo. Alleluia, termine di origine ebraica, è la parola che si usa per esprimere lode a Dio. In molti riti cristiani non viene usata nel tempo di Quaresima.

Alleluja invece qui è il soprannome del protagonista, Alessandro Fara, cinquantenne industriale del tessile, che ha la passione e l’estro dell’organizzatore di feste e cerimonie. Per questo è stato eletto presidente della Società dei divertimenti pubblici nella piccola città della provincia lombarda dove vive. Egli dunque divide il suo tempo tra la Società e la fabbrica di cui è il padrone.

L’ambiente è quello della media borghesia. La scena si dipana nel corso di due giorni proprio negli ultimi giorni di Carnevale, quelli di attività più frenetica di Alleluja.
Il dramma è tutto chiuso nel cuore dell’ambito familiare, ma le radici di esso, mai dimenticate, affondano in uno scandalo che risale a venti anni prima.

A partire dal festeggiamento, organizzato dagli operai della fabbrica per il padrone, in un clima gioioso ed amichevole, Praga riesce a creare un crescendo di tensione continua e martellante, in cui la figura di Alessandro, del capo famiglia, mostra tutta la fatica e lo strazio di chi è costretto a vivere mostrando due immagini di sé: una bonaria e quasi comica per il mondo, una tragica nel suo privato.

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi

Dall’incipit del libro:

ATTO PRIMO
SCENA I.
Alessandro, Elisa, Giovanni, Flaviano, Pertusani, Germignani, Marzotti, poi Rocco.
(Germignani è dietro alla tavola col bicchiere di sciampagna alzato. Marzotti, Giovanni e Pertusani accanto a lui, pronti a brindare. Elisa un poco più discosta. Alessandro è verso il mezzo della scena. Flaviano colle spalle al caminetto, in aria annojata).

GERMIGNANI
(in tono enfatico) Ed è questo il più bell’elogio che si possa fare al nostro amico: à lavorato tutta la vita, e al suo lavoro soltanto deve l’agiatezza, la felicità che lo circondano. Figlio delle sue opere….
ALESSANDRO
(interrompendo) Gran Dio! no! pare che mi reciti l’elogio funebre! Germignani mio, come uomo d’affari sei un tesoro, ma come oratore non ne vali un cavolo.
GERMIGNANI
(c. s.) L’affetto e la riconoscenza….
ALESSANDRO
Basta!
GERMIGNANI
O che siamo riuniti per parlare di politica? Siamo qui per una festa allegra, della tua famiglia, di tutti…. di tutti quelli che ti conoscono e ti vogliono bene. Parlerò tuo malgrado. Mesci.
ALESSANDRO
(gli versa lo sciampagna) Bevi, e taci.

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