Il legame tra Sylvia Plath e Ted Hughes é stato un sodalizio che ha segnato la storia della letteratura internazionale. Due mondi interiori dediti alla scrittura, uniti e intrecciati dentro un profondo abisso difficile da esplorare. 

Connie Palmen (1955), nome di spicco del panorama letterario olandese contemporaneo, ha riportato alla luce le confessioni e le grida di chi per trentacinque anni é stato l’ostaggio silenzioso del mito della defunta moglie, rinchiuso in un mausoleo e giudicato. Descritto da biografi, giornalisti, esegeti e accademici, come il vero carnefice della morte di Sylvia Plath. 

11 febbraio 1963, Primrose Hill, Londra. Sylvia Plath sistema i suoi figli, Frieda e Nicholas, dentro la loro camera, aprendo la finestra e isolando la loro porta con asciugami, sigillandoli dentro una gabbia esistenzialistica dalla quale non usciranno mai. Lei si chiude in cucina, apre il forno e muore respirando gas a soli trent’anni. La sua giovane vita era stata segnata dalla morte prematura e violenta del padre, da stati depressivi, ricoveri psichiatrici e isolamenti che hanno trasformato la sua intera esistenza nella lotta continua per vivere. Il sollievo dato, tramite il gas molti anni prima, a un uccellino morente e le sue membra rilassate quasi felici dopo la morte, saranno per Sylvia motivo di ispirazione. Il desiderio di trovare la pace eterna.

Edward James Hughes, conosciuto come Ted Hughes, è stato un poeta e scrittore inglese. Considerato uno dei migliori poeti della sua generazione, Hughes fu Poet Laureate in Inghilterra dal 1984 fino alla sua morte nel 1998.Da quando l’aveva incontrata nel 1956, l’aveva amata come un marito presente e premuroso, ben conscio della sua fragilità emotiva e psichica, consapevole che lei, prima o poi, avrebbe ceduto a quelle oscure debolezze che l’avrebbero spinta verso la morte. In tutta la loro vita matrimoniale i presagi di morte erano segni che si manifestavano costantemente come ospiti non desiderati nella mente di Ted. 

“Non avevo mai incontrato una persona per cui amore e odio fossero tanto vicini, quasi da confonderli. Non desiderava altro che amare qualcuno, ma odiava farlo davvero. Non desiderava altro che essere amata, ma ha punito senza pietà chiunque abbia mai provato amore per lei”.

ll legame indissolubile che la unisce al marito Ted é qualcosa di mistico e ancestrale. Qualcosa di sacro che la convince ad andare avanti. La nascita della figlia Frieda, e successivamente del figlio Nicholas, unisce il loro matrimonio in qualcosa di metafisico. Due anime inseparabili, diverse e al tempo stesso indistinguibili. 

“In lei c’era una sorta di fanatismo religioso, l’aspirazione a una forma superiore di purezza, la sacra e violenta vocazione a immolare la vecchia e falsa se stessa, a ucciderla per poter rinascere, pura, libera e soprattutto vera”.

Dalle testimonianze riportate nel libro e dalla voce data a Ted Hughes, non ho letto nulla di malvagio nelle sue intenzioni. Anzi, lui l’amava come una creatura trascendente. Come l’unica sposa da amare per l’eternità. Un legame unito dalla scrittura e dalla poesia, dall’amore e dal culto per la parola. 

“Io l’amavo, non ho mai smesso di amarla. Se il suicidio era la trappola con cui voleva catturarmi per fagocitarmi, inglobarmi in sé e fare di noi un solo corpo, ci è riuscita. Uno sposo ostaggio della morte, legato in eterno alla sua sua sposa in un matrimonio postumo, inseparabile come voleva che io fossi per lei. Il suo nome é il mio nome. La sua morte é la mia morte”.

Un uomo che dopo anni di matrimonio, ha avuto bisogno di evadere da un rapporto “malato” e claustrofobico, per sopravvivere e non annegare nella follia di lei. Un padre presente con i suoi bisogni. Un uomo che non ha potuto proteggerla dall’abbandono e dal fantasma che la tormentava come un tarlo insostituibile e irremovibile.

Un tradimento voluto ha segnato la fine della vita di Sylvia Plath. Ted tradisce e lascia Sylvia per Assia, una loro vicina di casa. Da quel momento, vivere per Sylvia non ha più nessun significato. Dopo suo padre, anche l’unico uomo della sua vita, l’aveva tradita e abbandonata, lasciandola sola di fronte ai suoi demoni oscuri. 

Sei anni dopo la morte della Plath, il 25 marzo 1969, Assia Wevill (l’amante di Hughes) si suicidò, coinvolgendo nella sua morte anche la loro figlia, Alexandra Tatiana Eloise Wevill (Shura), nata il 3 marzo 1965. Nell’agosto del 1970, Hughes sposò Carol Orchard, un’infermiera. Rimasero insieme fino alla morte di lui, avvenuta il 28 ottobre 1998 a causa di un infarto miocardico. Ma il suo grande amore, l’unico legame e la sua unica ragione di esistenza sarà sempre la sua sposa, come la chiama lui, Sylvia. L’unico grande amore. La donna che lo ha catturato e amato. Da buona lepre lo ha ammaliato, e lui da volpe astuta con il fascino dell’intellettuale europeo, si é lasciato addomesticare dall’unica donna in grado di poterlo incantare. 

“Dietro una facciata di incontenibile allegria si nascondeva una lepre timorosa con l’anima di vetro, una bambina piena di paure, incubi di amputazioni, reclusioni, elettroshock. E io – lo sciamano innamorato – adoravo la fragile bambina ferita, il suo vero sé; volevo fare ciò che l’amore dell’amante esige: infrangere il suo ritratto come un tenero iconoclasta. Poiché l’amavo era mio compito strapparle via quell’involucro di falsità, come donna e come scrittrice, spingendola a far sentire la propria luce”.

Un libro meraviglioso e commovente. Una lettura straziante e struggente sul legame forte e indissolubile che ha unito questi due grandi poeti. Hughes si occupò, come esecutore testamentario, dei beni personali e letterari di Sylvia Plath. Diresse la pubblicazione dei manoscritti non ancora pubblicati, tra cui quello della raccolta Ariel (1966) ma distrusse le ultime pagine del diario di Sylvia, che descriveva gli ultimi tre anni della loro vita coniugale, tormentata dall’adulterio di Ted.

Questo libro é un viaggio emotivo ai confini dell’animo umano. Leggerlo significa esplorare le profondità di una confessione intima che risucchia il lettore nella spirale di un amore tragico tra due scrittori, uniti dal sacro fuoco dell’arte della parola. Un amore impossibile e maledetto con le sue luci e le sue ombre. Un amore che rimarrà onnipresente tra le pagine dei libri e nel loro universo che li ha uniti e poi separati. 

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