«Dare un giudizio compiuto di quest’opera, che già dev’essere nelle mani di chi sente affetto per le patrie memorie e per lo studio della Storia, non ci sembra cosa facile in poco tempo. È di quei libri che a conoscerne il merito non basta la prima lettura che si fa colla curiosità destata dal nome dell’autore, e si continua senza interruzione attirati via via da quella sodisfazione che viene all’intelletto per un magistero di linguaggio onde pigliano aspetto di nuove le cose anche più divulgate. Ritornandovi poi e fermandosi sopra ciascuna parte, si fa manifesta l’arte di dire tuttociò che basta al conoscimento del vero risparmiando a chi legge tutta la serie dei raziocini pe’ quali lo scrittore ha acquistato la certezza dei fatti o dei giudizi che comunica agli altri: ma a farsene ben ragione è necessario un lavoro non breve nè superficiale di riflessione.
Una Storia scritta da molti e notissima per la gravità di tanti avvenimenti, richiede da chi si mette a rifarla, e non per una classe sola di lettori, una grande pazienza e una grande arte. E chi vuol giudicare la nuova Storia della Repubblica di Firenze ha da vedere come l’autore rispondendo alle esigenze della scienza, rappresenti per l’universale con evidenza la vita intera del popolo.
Noi non dobbiamo metterci avanti a chi del libro del marchese Capponi farà speciale argomento di studio: possiamo nondimeno affermare che anche alla prima lettura l’animo e l’intelletto ne restano appagati. I fatti su per giù son quelli che altri hanno raccontato: gli uomini sono i medesimi che gli altri hanno giudicato con maggiore o minor passione, con maggiore o minor cognizione dell’indole loro e dei particolari della loro vita. Ora, peraltro, que’ fatti si vengono a conoscer meglio nelle circostanze che più importano: quello che non era contradetto o poteva lasciarci nel dubbio acquista un maggior grado di certezza per l’esame minuto accurato delle testimonianze: i giudizi, anche quelli che ne confermano altri, acquistano un alto valore dinanzi alla nostra coscienza, perchè derivano da una mente avvezza a innalzarsi ai sommi principii , e secondo quelli considera le azioni umane. Lo svolgimento progressivo delle istituzioni colle quali si resse la repubblica di Firenze, e le vicende della vita di questo popolo dapprima in se medesima circoscritta e che a grado a grado acquista tanta forza di espansione, non sono esposti come applicazioni d’idee preconcette. Vediamo le istituzioni nascere e mutarsi per necessità di condizioni: al racconto di ciascuno avvenimento passiamo apparecchiati via via dalla cognizione delle cause che gli producono: vediamo gli uomini signoreggiare il tempo loro o restar soggiogati da una forza superiore alla virtù propria. Il congegno delle istituzioni ci pare per la prima volta descritto con grande precisione, rimanendo così riempita una lacuna delli storici anteriori, che forse credevano non importasse all’età loro spiegar cose che tutti avevano o avevano avuto dinanzi agli occhi.
Uno stretto legame unisce le varie parti in maniera che se nulla nulla sfugge all’attenzione, o si pretende farsi un’idea di tutto il libro da qualche parte staccata, come avviene di altri che non sono, come questo, il prodotto di un vasto pensiero comprensivo e di lunghe e seguitate meditazioni, ne viene un falso giudizio. Quindi i capitoli bellissimi che al finire d’ogni libro discorrono dei fatti attenenti alla storia delle lettere e delle arti, hanno a considerarsi non come appendici, ma come parti intimamente connesse, perchè riassumono la storia del pensiero e dei sentimenti che in tutte le azioni guidavano ogni generazione, e spiegano quei fatti come necessaria manifestazione della vita di un popolo che in tutto, pure ne’ traviamenti, ha qualche cosa di singolare e di grande.
Il municipio fiorentino, decretando che all’autore si facessero ringraziamenti a nome della città e gli s’inalzasse un busto nella sala delle sue adunanze, ha interpretato il sentimento di quanti ne ammirano la sapienza. E noi che imparammo a venerarlo per tanti nobili esempi di virtù, non abbiamo voluto trattenerci dal significare la nostra opinione, senza timore che la lode che viene da animo libero possa apparire adulazione.» (“Archivio Storico Italiano”, Vol. 21 n. 85, 1875. pp. 147-148.)
Questa recensione anonima è apparsa sulla rivista “Archivio Storico Italiano” nel 1875, all’indomani della pubblicazione della poderosa trattazione di Gino Capponi sulla storia della repubblica di Firenze. Naturalmente il giudizio verso l’opera è assai positivo, in considerazione anche del fatto che la rivista, ancor’oggi attiva, fu fondata da Gian Pietro Vieusseux insieme con Capponi nel 1841. Tuttavia, così come riporta Benedetto Croce nel secondo volume della Storia della storiografia italiana del XIX secolo, lo stesso Capponi, confrontando la propria opera storiografica con una di recente uscita di Leopold von Ranke (forse la Storia dei papi), tradiva il timore di aver composto un’opera indubbiamente interessante ma dove forse la forma tendeva a renderla pesante.
Il primo volume, diviso in tre libri, tratta la storia di Firenze dalla sua origine – come una borgata dell’etrusca Fiesole, entrata presto, per la sua posizione favorevole, per gli accresciuti insediamenti e il «decoro degli edifizi», nella sfera romana – fino alla guerra con papa Gregorio XI, negli anni 1375-1378. Sono secoli molto densi di avvenimenti assai rilevanti per la storia della città e dei suoi cittadini. Nel primo libro si tratta della contessa Matilde, delle rivalità tra Guelfi e Ghibellini, dell’intervento di Manfredi re di Napoli e della battaglia di Montaperti, di Farinata degli Uberti e della discesa in Italia di Carlo d’Angiò, fratello di San Luigi re di Francia, chiamato da Urbano IV. Nel secondo libro sono raccontate le grandi battaglie della Meloria e di Campaldino, la nascita delle fazione dei Bianchi e dei Neri, l’esilio di Dante, la signoria di re Roberto. Nel terzo libro, sempre puntualmente riportando i fatti storici salienti, Capponi riferisce anche notizie della peste che afflisse la città intorno alla metà del XIV secolo.
Sono presenti anche ricche pagine dedicate a «lingue, lettere ed arti in Firenze», in cui sono ricordati gli illustri artisti che in quei secoli resero sempre più importante la cultura della città toscana. Il primo volume si chiude con un’ampia appendice di documenti.
Dall’incipit del libro:
Narrare l’istoria della città di Firenze distesamente dai suoi primordi male potremmo, e non sarebbe dell’assunto nostro, per la incertezza o per la oscurità dei fatti, e perchè tardi questa città pigliò un carattere che la distinguesse tra molte in Italia. Non è dubbio che Firenze, chiamata da prima, come alcuni credono, o Villa Arnina o Camarzo, fosse nel suo cominciamento una borgata dell’etrusca Fiesole. Questa, dal monte sulla cui vetta sedeva, inviava con l’estendersi dei traffici i suoi mercanti giù nel piano, emerso dalle acque poichè il fiume Arno, rotte altre chiuse che lo impedivano, si fu aperta una via tra i massi della Golfolina: quindi l’origine di Firenze. Cresciuta pei coloni che vi stanziarono, soldati di Silla o più veramente di Ottaviano Cesare allora triumviro, in breve pel nuovo sito e per l’agiato luogo ebbe numero d’abitatori e decoro di edifizi, così da essere annoverata tra le buone colonie che Roma avesse in Italia. Sappiamo da Tacito come, regnando Tiberio, udisse il Senato gli oratori dei Fiorentini, i quali ottennero che la Chiana non fosse voltata a metter foce nell’Arno portando ruina d’inondazioni alla città loro. Il circuito di un anfiteatro tuttora apparisce disegnato dalle vie che certo furono della edificazione prima; ebbe il Campidoglio ed hanno le Terme nomi derivati dai tempi romani.
Scarica gratis: Storia della repubblica di Firenze. Tomo primo di Gino Capponi.