Manuale di conoscenze basilari, che potrebbe essere definito come una piccola enciclopedia, offre una panoramica generale dell’arte italiana nelle sue varie forme. Per ragioni di persecuzione razziale, che l’autore espone in prefazione (“Un chiarimento”) alla seconda edizione, fu pubblicato in prima edizione nel 1940 con l’aiuto di Fernanda Wittgens che prestò il proprio nome come autrice, con grave rischio. Corredato di 128 tavole di opere pittoriche, scultoree e architettoniche e con 5 grafici.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

NOTA: Alcune fotografie in bianco e nero dell’edizione cartacea relative a famosi dipinti, spesso di qualità e stampa mediocre, sono state sostituite con le corrispondenti immagini a colori.

Dall’incipit del libro:

È mio obbligo premettere alcune parole per chi abbia posato gli occhi sul frontispizio di questo libro e ricordi la paternità dell’edizione originale.
Per avere urtato, nell’esercizio del mio dovere, il cosidetto «Quadrumviro della Rivoluzione» Conte Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon allorché era Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, fui, per rappresaglia, facilitata anche dal mio reciso rifiuto di iscrizione al Partito fascista, allontanato da Milano nei primi del 1935 appena colui ebbe raggiunta la carica di Ministro dell’Istruzione. Avevo tenuto per ventisette anni la Direzione di Brera e la Soprintendenza artistica della Lombardia, che mi ero guadagnato per concorso, e fui relegato a L’Aquila.
Dovetti per motivi famigliari recarmi là solo, e in quella cittadina restai per quattro anni come al confino, senza il consenso nè di muovermi nè di lavorare poichè ogni proposta di opere a pró dell’interessantissima e trascurata regione mi era regolarmente respinta.
In quell’amara solitudine, pur un poco confortata dalla comprensione di qualche caro spirito di quella buona terra e dalle memori voci di solidarietà che mi giungevano da Milano, mi sorse l’idea della compilazione di questo libro, e con l’aiuto della Dott. Fernanda Wittgens, ispettrice a Brera, che mi forniva continuamente da quassù i mezzi di lavoro onde ero interamente privo a L’Aquila, lo condussi a termine nel 1939. Ma infieriva in quell’anno la campagna razziale così che, espulso dall’Amministrazione pubblica delle Belle Arti e tornato a Milano, io mi trovai, con l’editore, di fronte all’impossibilità di stampare e diffondere il volume che pure era già quasi tutto pronto e nella composizione tipografica e nel corredo illustrativo.

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