Bhagavadgītā è un poema di 700 versi, strutturati in 18 canti, parte integrante della Mahābhārata, il più monumentale poema epico esistente (quasi 100000 versi, rispetto ai 15693 dell’Iliade e ai 12000 dell’Odissea), e testo sacro venerato da milioni di indiani, che indica la via verso la realizzazione spirituale.

Nella pagina dedicata all’opera (vedere link in basso) è disponibile la sinossi a cura di Mariella Laurenti.

Dall’incipit del libro:

Diceva Dhṛtarāṣṭra:
A me rispondi: Là, nel sacro campo di Kuru,
quando vennero a fronte, di lotta ardenti e di strage,
che mai fecero, o Sañjaya, i Pāṇḍuidi ed i nostri?

E Sañjaya disse:
O Dhṛtarāṣṭra, poi che de i Pāṇḍava scorse
l’esercito schierato, s’accostava Duryodhana il sire
al suo Maestro, e così il parlar gli volgea:
«Guarda, o Maestro, questo esercito grande de’ figli
di Pāṇḍu che il Draupadio, di te saggio alunno famoso,
ordinava in battaglia. Là sono gli eroi, là gli arcieri
nel pugnare valenti di Bhīma e d’Arjuna al pari:
Yuyudhāna, Virāṭa, Drupada, guerrieri superbi;
e Dhṛṣṭaketu e Cekitāna e di Kāśi
l’illustre re, e Purujit e Kuntibhoja e de’ Śibi
il nobile sovrano, e Yudhāmanyu possente
e l’ardito Uttamaujas, di Subhadrā il figlio, ed i figli
ancor di Draupadī: e tutti su carri di guerra.

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