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Una serie di conferenze tenute a Firenze nel 1895 in ambito storiografico, letterario e artistico da Romualdo Bonfadini, Isidoro Del Lungo, Ernesto Masi, Vittorio Pica, Guido Mazzoni, Ferdinando Martini, Matilde Serao, Enrico Panzacchi, Giovanni Bovio, Alberto Eccher, Antonio Fradeletto.
Dall’incipit del libro:
Uno dei fenomeni che colpiscono maggiormente i lettori di storia – quando riflettono – sta nella costante accelerazione degli svolgimenti sintetici d’ogni natura, a misura che ci allontaniamo dalle epoche primigenie; sta nella sempre maggior brevità di quei periodi ricostruttori o elaboratori di cose nuove, che un tempo duravano più secoli e suggerivano al poeta latino il pensoso: mortalis ævi spatium….
Chiamatelo, secondo le leggi morali, progresso; chiamatelo, secondo le leggi statiche, moto uniformemente accelerato; certo è che quelle mutazioni generali di pensieri, di abitudini, di legislazioni, di vita civile, a cui nell’evo antico appena bastavano dieci generazioni d’uomini, si sono compiute più tardi nello spazio di un secolo, e, venendo più presso a noi, in cinquant’anni od in trenta.
Uomini ed eventi esercitavano, nelle prime epoche dell’umanità, un’azione così passeggiera e così lenta che quasi non s’avvertiva. Le grandi monarchie orientali impiegarono più di un millennio e mezzo a sorgere, a brillare, a distruggersi, senza che il mondo antico apparisse, dopo così grandi catastrofi, notevolmente mutato. Roma era vecchia di oltre cinque secoli, quando cominciò a far avvertire la sua presenza fuori de’ suoi confini. Sesostri, Ciro, Cambise, Alessandro il Macedone, malgrado il loro genio e le loro conquiste, non lasciarono negli ordinamenti del mondo maggior traccia di quella che lascia una frana di monte, rotolatasi nell’Oceano. L’umanità doveva giungere fino al Pescatore di Galilea, per sentirsi tratta a mutare in sè e di sè tanta parte di pensieri e di scopi.
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