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C’era una volta una povera donna rimasta vedova, con un figliolino sulle braccia. Era malaticcia, e con quel bimbo da allattare poteva lavorare pochino.
— Date un’occhiata all’orologio di salotto, Anna Ivànovna: che ora abbiamo?
— È già la quarta volta che mi fate lo stesso discorso, Atanasio Petróvitch: mancano tuttavia tre quarti a mezzogiorno.
— Vieni, cara la mia piccina. Giacché siamo venute in villa, e il tempo oggi è buono, dobbiamo fare una passeggiata insieme.
Così diceva la Virginia, bambina sugli otto anni, a una bella bambola che da qualche settimana era la sua delizia.
Un mugnaio, venuto a morte, non lasciò altri beni ai suoi tre figliuoli che aveva, se non il suo mulino, il suo asino e il suo gatto.
C‘era una volta un Re e una Regina che avevano una figlia bella quanto la luna e quanto il sole; tanto frugola però, che facendo il chiasso metteva sossopra tutto il palazzo reale…
Prima dei vecchi e remotissimi tempi era il tempo dei primi principii. Era quando il vecchissimo Mago preparava le cose. Prima egli preparò la terra, poi il mare, e poi disse a tutti gli animali che potevano uscire a giocare.
Pare che la volpe sappia quando deve nascere un polledrino, e sta all’agguato. E la cavallina sa che la volpe è in agguato. Perciò, appena il polledrino nasce, la madre si mette a correre in circolo intorno al piccolo…
Vincenzo della Cascina Rampina, preso con sé Bortolino, il più grande dei suoi figliuoli, messi due piccioni e quattro noci in un canestro, venne a Milano coll’asinello a trovare il suo figlioccio, o per dir meglio il suo padroncino Mario, che compiva giusto in quel giorno i dodici anni.
C’era una volta un re e una regina. Questa ogni anno metteva al mondo una figliola. In capo a cinque anni ne aveva cinque, tutte belle come tanti occhi di sole.