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Il mio amico, poi ch’ebbe finito di parlare della fantastica creatura, mi disse:
— Cercherò di fare in modo che tu possa penetrare fino a lei, ma non creder troppo facil la cosa.
Attendere una lettera! quanti pensieri, quanta gioia e quanti dolori si racchiudono in queste parole!...
C’era una volta una povera donna rimasta vedova, con un figliolino sulle braccia. Era malaticcia, e con quel bimbo da allattare poteva lavorare pochino.
Era una domenica, di novembre. La serva del Paradiso doveva avere anche lei, per l'arrosto festivo, spennacchiato piccioni e pollastrelle, perché il cielo, bianchiccio come un'aia pulita, era sparso di piume violacee e lionate.
Il vecchio guardacaccia aveva ricorso al classico trucco dei mariti che si ritengono traditi; aveva detto alla sua nipotina Betta che, dovendo recarsi al paese per affari, sarebbe ritornato solo verso sera.
Un preistorico rito, oltre a quello di fare il pane in casa, voleva mia madre, nella nostra casa di Nuoro, insegnare alle sue farfallesche figliuole. Questo rito era venuto dalle montagne della Barbagia fin dai tempi in cui all'ansito dei puledri selvaggi si univa quello degli indomiti cavalieri Iliensi.
Il visitatore, entrando, aveva detto certamente il suo nome; ma la vecchia negra sbilenca venuta ad aprire la porta come una scimmia col grembiule, o non aveva inteso o l'aveva dimenticato…
Si rassomigliavano solo nella magrezza e nella cattiveria, i due piccoli fratelli, uno rossiccio e lentigginoso, l'altro simile a un malese, panciuto, tatuato dalle frustate e dai graffi paterni, materni e fraterni.
Adesso che gli hanno tirato il collo, si può parlare, di questo gallo, senza odio e senza disprezzo! Per un mese buono, e il più bello e santo dell'anno, il mese di maggio, il mese di Maria incoronata di rose, l'ardente volatile fu il terrore…