In Italia tra amici o al bar si parla spesso di calcio, che è croce e delizia. Discutiamo accesamente, ci sfottiamo, ci arrabbiamo, ci deprimiamo, gioiamo, festeggiamo per 22 giocatori in campo che rincorrono un pallone. Un italiano per essere rispettato spesso deve sapersi intendere un minimo di calcio, perché da noi tutti, come si suol dire, sono commissari tecnici della Nazionale, naturalmente spesso molto improvvisati. Alcune volte bisogna atteggiarsi a esperti o almeno è quasi obbligatorio avere un’idea su quella partita cruciale. Quando gioca ai mondiali o agli europei la Nazionale le strade sono quasi deserte perché tutti o quasi sono incollati alle televisioni. Il calcio in Italia ha dei meriti innegabili: è un settore che dà lavoro a migliaia di persone e quando la Nazionale ha vinto i mondiali con Lippi e gli europei con Mancini in quegli anni il turismo è aumentato considerevolmente e di conseguenza anche il prodotto interno lordo. Il calcio è sempre stato prioritario per noi. Churchill sosteneva che gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e perdono partite di calcio come se fossero guerre. Il calcio fa sempre notizia. Ci sono giornalisti sportivi televisivi sempre pronti a far polemica. Molti italiani percepiscono il fine settimana come vuoto e noioso quando finisce il campionato. Molti italiani vanno al bar per leggere La Gazzetta dello Sport. Un tempo le donne si lamentavano di questo stato di cose, ma da alcuni anni anche il gentil sesso segue il calcio. Gli americani ad esempio non capiscono questa passione, così come noi italiani non capiamo spesso il loro amore per il football americano, ma è proprio il caso di dire: “paese che vai, sport nazionale che trovi”. Per alcuni snob il calcio è venerato solo dall’italiano medio, senza considerare che l’italiano medio è solo un’astrazione di chi si ritiene, a torto o a ragione, superiore alla media. Inoltre anche Saba, Pasolini, Sereni, Alfonso Gatto, Soriano lo hanno amato. Non vi ricordate ancora delle partite con Pasolini e il regista Bertolucci? Arpino sulla disfatta della nazionale ai mondiali del 1974 ha scritto addirittura un romanzo. Per Pasolini il calcio era “l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo”. Per Camus il calcio era una metafora della vita. Il calcio inoltre è spettacolo non solo per quel che accade in campo (per esempio una rovesciata che gonfia la rete, un’azione corale che porta al gol, un disimpegno di un difensore, un dribbling stretto di un’ala, l’assist di un regista) ma anche per le coreografie sugli spalti. Borges era diffidente nei confronti del calcio perché non gli piaceva la folla, che è sempre imprevedibile e può travolgere chiunque nella calca. Oggi a dire il vero si può guardare la partita da casa, anche se in poltrona non si può osservare la disposizione delle squadre in campo e il movimento senza palla dei giocatori. Questo sport però è troppo di massa per alcuni intellettuali che lo disprezzano. Secondo alcuni è troppo volgare, è pura evasione. È un piacere che distrae le persone dai veri problemi. È l’oppio del popolo, perché secondo alcuni intellettuali il popolo vuole solo “panem et circenses”. Tuttavia questi hanno delle ragioni. Come non ricordarsi che questo sport fu uno strumento di propaganda del regime di Mussolini e che gli uomini di Pozzo vinsero due mondiali sotto la dittatura? Come non ricordarsi di quello che accadde in Argentina ai mondiali del 1978? L’Argentina non vinse grazie alle prodezze di Kempes soltanto! Forse il calcio milionario di oggi ha perso la poesia di un tempo con gli attuali diritti televisivi, i suoi calciatori strapagati e testimonial di pubblicità, le polemiche create a arte per vendere più copie e per fare più ascolti. Il calcio di oggi inoltre è meno tecnico e più tattico e atletico di un tempo. Oggi va detto anche che il nostro non è più il campionato più bello del mondo: siamo scesi nel ranking della Fifa. Recentemente non ci sono più squadre italiane che vincono la Champions League. Non ci sono più squadre così forti come la Juventus di Del Piero e Lippi, l’Inter di Moratti, il Milan di Maldini e Costacurta. Molti ragazzi giocano a calcio nella squadra del quartiere e da sempre devono cercare di soddisfare le pregiudiziali dei genitori che li vorrebbero tutti campioni. Ma sono pochissimi i calciatori italiani di serie A e serie B. Sono pochissimi gli eletti. Oggi i campioni non hanno più un rapporto autentico con il loro pubblico. Forse non sanno più stare in mezzo alla gente come un tempo. Per alcuni italiani c’è il rischio di finire suicidi per i troppi debiti con tutte queste scommesse. Poi ci sono i patiti del fantacalcio. Ci sono alcuni così sfegatati che mettono prima la squadra del cuore e dopo la moglie. Ci sono altri che vivono un conflitto interiore perché sono marxisti convinti e nel weekend stravedono per campioni milionari. Il bello di questo sport comunque è quello di non essere una scienza esatta. Alcune partite sono da tripla. Vengono decise da episodi. Possono essere decise dalle prodezze degli attaccanti come da delle carambole nell’area di rigore. Ci sono sempre mille interrogativi riguardo al calcio. Ad esempio era più forte Maradona o Pelè? E per essere degli ottimi registi e delle ottime mezze punte è meglio avere il baricentro basso? Ogni anno poi bisogna aggiornarsi sempre con le regole sul fuorigioco e sul fallo di mano. Il calcio cambia e con esso schemi e ruoli. Oggi molti marcano a zona e non esiste più il mediano. Ma non è solo questo. A onor del vero oggi il calcio è anche inciviltà. Probabilmente aveva ragione Nanni Balestrini quando scriveva che la violenza politica di un tempo è finita e al suo posto è subentrata la violenza degli ultrà. Il potere forse ha chiuso un occhio per quel che riguarda ciò che accade negli stadi, ritenendo forse che un certo tasso di aggressività fosse fisiologico in questa società. Ma bisogna ricordare che anche Don Bosco in quella Torino povera e polverosa utilizzava la partita tra ragazzi per la trasmissione implicita dei valori. Grazie alla coesione di un gruppo amicale venivano veicolati dei valori. Il calcio insomma non è soltanto prestazione e risultati ma ha anche una funzione educativa. Allo stesso tempo i governi di tutto il mondo si devono impegnare al massimo affinché non ci siano più hooligans e tragedie come quella dello stadio Heysel. Il calcio non può essere ostaggio di criminali. Il paradosso infine è che hanno cercato di politicizzare le curve e per la legge del contrappasso la politica è diventata un tifo per questo o quel partito. A chi odia il calcio e/o a chi lo ama troppo bisogna ricordare che è solo un gioco, che viene onorato con l’agonismo che non diviene cattiveria e con il talento che non irride l’avversario. Speriamo che ci siano più rispetto e più civiltà da parte degli ultrà, che anche i bambini possano andare con i genitori allo stadio senza rischi, che gli italiani diventino sportivi prima ancora che tifosi.