Questo saggio fu anteposto dall’autore come introduzione alla pubblicazione di due suoi drammi, La morte dell’aquila e Tutto per l’amore, pubblicati a Milano nel 1917. Lo spunto veniva dalla guerra italo-turca che ebbe come conseguenza l’annessione all’Italia della Tripolitania, della Cirenaica e del Fezzan. Nell’ambito della recisa e dura condanna dell’avventura coloniale italiana, sono numerosi gli spunti polemici chiaramente eccessivi ma interpretabili alla luce della complessa personalità dell’autore.

E possiamo inquadrare certe affermazioni – e certe lacune critiche nei confronti del mondo islamico – solo tenendo ben presente che queste pagine hanno oggi più di cent’anni e che la tesi che Schicchi sostiene vede la Sicilia subire ininterrottamente da secoli uno “status” di colonia che si è perpetuato durante il regime fascista e che, tutto sommato, il periodo “arabo” fu quello che per Sicilia coincise con i maggiori fermenti innovativi sia dal punto di vista culturale che da quello del progresso agricolo e tecnico.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Questi lavoretti drammatici furono premiati anni or sono in un concorso bandito da “L’Arte Melodrammatica” di Palermo, quando l’ubriacatura tripolina aveva dato la stura a tutti i delirii nazionalisti, a tutte le bestialità militaresche, a tutti i vaneggiamenti imperialisti; quando la malnata genìa dei patriottici scribi e dei mentecatti guerraiuoli, nel furore della paranoia conquistatrice, s’era messa a spacciare sul conto degli Arabi ogni specie di asinaggini storiche, geografiche ed etnografiche di cui si vergognerebbe il più umile studente di ginnasio. Oggi io li pubblico non fosse altro per ricordare che i conquistatori d’ogni razza, d’ogni tempo e d’ogni luogo si somiglian tutti, come tante gocciole d’acqua, nei pensieri, nelle parole, nei sentimenti e nelle azioni; nella stessa guisa in cui gl’individui posti nelle medesime condizioni d’animo e d’ambiente, pensano, parlano, sentono ed agiscono pressoché in egual modo.
Allora, colla più supina ignoranza di questo mondo, si faceva tutt’una cosa degli Arabi, dei Turchi, dei Berberi e perfino dei negri, arrivando a trasformare l’Arabia in Turchia, nientemeno al tempo di Maometto. Sentite un po’ che cosa si predicava e si scriveva in quei giorni nefasti e si continua a scrivere ancora, non da scherani avvinazzati o da saltimbanchi ignoranti; bensì da gazzettieri, da scrittori, da politicanti che contano per la maggiore e sui più diffusi giornali, nelle cattedre, sui libri, in piazza, in parlamento, dappertutto insomma: “Ma perché Maometto si fece profeta?

Scarica gratis: La guerra e la civiltà di Paolo Schicchi.