Morelli scrisse la prima versione di questo libro durante i suoi arresti domiciliari a Lecce e la pubblicò appena il regime borbonico decadde nel 1861, con il titolo La donna e la scienza, considerate come mezzi atti a risolvere il problema dell’avvenire; apparve l’anno successivo la seconda edizione con il titolo La donna e la scienza o la soluzione dell’umano problema ristampata identica nel 1863 e con lunga dedica alla Signora Giovanna Greco-De Angelis, moglie del farmacista e naturalista leccese Pasquale Greco; la terza e definitiva edizione con numerose modifiche – anche nel titolo che diventa in questo caso La donna e la scienza o La soluzione del problema sociale – aggiornamenti e ampliamenti, fu data alle stampe nel 1869. È su questa terza edizione che si basa la presente edizione elettronica, preceduta da ampia e interessante prefazione di Virgilio Estival, mazziniano di origine francese che nel 1866 si era trasferito a Napoli partecipando alla redazione del “Il Popolo d’Italia” ed entrando in contatto con gli ambienti democratici e progressisti della città dove appunto conobbe e poté apprezzare Salvatore Morelli e la sua attività.

Ovviamente nella terza edizione l’autore fa tesoro anche della sua esperienza di deputato, anche se la sua prosa è appesantita da uno stile arcaico più attinente ai primi dell’ottocento che alla seconda metà. L’argomento del testo si articola sopra la necessità di riorganizzazione e rigenerazione della famiglia facendo perno sull’elemento femminile; l’elemento principale di rigenerazione deve essere la scienza, intesa come fattore cardine del progresso umano; il mezzo per valorizzare e trasmettere questo elemento è la donna. Cosa intenda per “scienza” Morelli lo spiega direttamente lui e lo sottolineiamo adesso perché è elemento fondamentale di chiarificazione:

«Parlando della scienza che si deve alla donna, io non intendo accennare certamente a quella complicata inaccessibile dei filosofi, che abbisogna di gran mente, di lunghi studi, d’immensi libri ond’essere appresa, non parlo della falsa scienza, che le menti oneste riconoscono come scaturigine di errore e di malessere. Se così divisassi, m’imbatterei nello stesso circolo vizioso in cui vaneggiano gli usurpatori di riverenza, e dovrei conchiudere con essoloro, che è un fuor d’opera proporla alla donna, quando lo stesso uomo cui se n’è aggiudicata la capacità esclusiva, reputasi anche impotente ad acquisirla, ove non sia trai pochi privilegiati d’altissimo ingegno.»

«La scienza del senso comune cui io miro, è la vera scienza; è la scienza di ciascuno e di tutti, che scolpisce le prime immagini nell’allegra fanciullezza, e guida i gravi passi della stanca vecchiaia; è la scienza, che spiegando con semplicità le leggi fondamentali della vita, ci dice quel che siamo e quel che dobbiamo fare, onde conseguire il fine ultimo della nostra destinazione.»

Negli anni nei quali Morelli elaborava il suo testo e iniziava la sua attività di deputato al Parlamento, in Inghilterra Stuart Mill e Henriette Taylor – che aveva sposato Stuart Mill in seconde nozze – avevano da poco dato alle stampe le loro proposte filosofiche e politiche; The Enfranchisement of Women di Henriette Taylor è del 1851 e The Subjection of Women (https://liberliber.it/autori/autori-m/john-stuart-mill/la-servitu-delle-donne/) di Stuart Mill è del 1869. Il carattere dell’opera di Morelli è però inquadrabile in un contesto diverso. La sua posizione si colloca in polemica con quella di Salvatore Tommasi che mette l’accento soprattutto sulla missione domestica della donna e anche con quella di Giuseppe Ferrari che è invece, coerentemente con la sua impostazione socialista, di stampo, se pur confusamente, classista. Morelli non rifiuta le posizioni di Ferrari ma sottolinea che a monte dell’antagonismo sociale e della lotta di classe esiste una diseguaglianza, talvolta quasi occulta ma più radicata di ogni altra proprio per il suo carattere primordiale, ed è l’egoismo del patriarca.

È da questo egoismo che scaturiscono tutti gli altri e da cui derivano tutte le diseguaglianze e il conseguente conflitto suscitato dall’asservimento di alcuni gruppi umani da parte di altri. Riprendendo in parte le idee che Cecilia De Luna Folliero aveva espresso nel suo De l’éducation des femmes, ou Moyens de les faire contribuer à la félicité publique, en assurant leur proprie ben-être, Morelli sottolinea a più riprese il valore taumaturgico dell’educazione e della spontaneità. Nella donna esiste una tendenza all’eguaglianza sociale e per fare emergere questa propensione è innanzitutto indispensabile sbarazzarsi della cappa nefasta dell’influenza clericale. L’amore per la concretezza, che è dote tipicamente femminile, sarebbe lo strumento principale per rinnovare il metodo pedagogico e la pratica scolastica; le risorse per questo rinnovamento pedagogico, ampiamente e dettagliatamente illustrato si devono trovare nelle risorse che vengono impiegate nella spesa militare:

«I bilanci dei varii stati di Europa appena appena assegnano in tutto miserabili 150 milioni all’istruzione pubblica per imparare a vivere i popoli, mentre poi per la guerra, che è quanto dire per impararli a morire, nientemeno che si esaurisce in ogni anno l’enorme cifra di circa 3500 milioni!»

La donna della tradizione viene presentata (e dal clero preservata) come naturalmente conservatrice, ma quella prospettata da Morelli è, altrettanto naturalmente, destinata a rinnovare l’umanità, soprattutto attraverso la cura di una pedagogia che ha tanti aspetti di quella che oggi si chiamerebbe scuola libertaria.

L’idea che la donna in quanto tale fosse potenzialmente progressista prefigurava quindi che una comune discriminazione, economica e giuridica, potesse condurre a una comune risposta antagonista, accantonando altri aspetti della questione, in particolare la diversa entità di questa discriminazione all’interno delle varie classi, e facendo appello a una distinzione naturale per superare uno squilibrio sociale. Non si può non notare che questa illusione, sostanzialmente ingiustificata, si ritrova ancora all’interno di vari strati del movimento operaio, in quella fase storica, soprattutto tra quelli influenzati dalle idee mazziniane, e finisce poi per svalutare nei fatti i temi legati alla questione femminile. Eugenio Garin, in un articolo su “Belfagor” del 1962 definì il lavoro di Morelli «ricco soprattutto di anticlericalismo e di buone intenzioni». C’era anche di più: oltre alla donna c’è la patria, l’umanità, l’ammirazione di Garibaldi. Leggiamo nei paragrafi finali:

«Care Signore, il mondo è di chi se lo sa prendere – Se voi volete la vostra posizione giuridica, dovete conquistarvela. Profittate del momento in cui l’Italia volge a migliori destini, immischiatevi nell’azione rivendicatrice, e propugnate il vostro dritto propugnando la libertà e l’unità della patria, che preludia la grande unità e la libertà del genere umano, mercè la soppressione delle barriere e delle guerre internazionali.»

Quando Morelli fu arrestato dalla polizia borbonica gli furono trovati i libri di George Sand (il che fu causa dell’aggravamento delle accuse aggiungendo, buon peso, quella di irrilegiosità); certamente quindi l’idea dell’influenza femminile sul costume familiare e sociale. Il socialismo della Sand (che non è affatto superficiale come lo vuole descrivere Benedetto Croce) trova il suo limite proprio nell’incapacità di affrontare il problema femminile su un piano diverso da quello dei sentimenti, cosa che la portava a respingere il suffragismo di Jeanne Deroin e dei raggruppamenti di operaie. Anche Morelli fatica quindi a svincolarsi dalla tradizione romantica che vede terreno precipuo dell’attività femminile la cura della casa e della famiglia. Louise Michel stessa giustificava la sua personale libertà d’azione con la mancanza di una famiglia propria.

Diverso nella sostanza l’atteggiamento di Anna Maria Mozzoni (e di altre femministe italiane del periodo; tra le tante ricordo la meno nota Luisa Tosco della quale si può leggere un suo testo in questa biblioteca Manuzio, oltre ovviamente a quelli della Mozzoni stessa); pur essendo convinta con Morelli che le donne siano naturalmente educatrici e siano capaci di passare senza sforzo dal noto all’ignoto, dal concreto all’astratto, ognuno dei temi proposti da Morelli diventa per lei occasione d’azione nella vita associata. Mozzoni rifletteva sulla trasformazione del mondo rurale, avvertendo sia le prospettive aperte dal compimento dell’unità nazionale che i rischi di involuzione. Anna Maria Mozzoni vedeva giornalmente le masse di donne che dalle campagne affluivano agli opifici e alle fabbriche lombarde. Manteneva grazie a questa sua quotidiana esperienza quell’aderenza alla realtà che invece sfuggiva alla pur preziosa attività del deputato che però rischiava di perdere con questa sua attività l’occasione di misurare nel presente gli squilibri esistenti e a calibrarli con il metro della reale condizione femminile che, ovviamente, è ben diversa, pur se intersecata, nei diversi strati sociali.

Questa edizione digitale è, come nella tradizione e nell’uso del progetto Manuzio, sostanzialmente conservativa. Sono stati corretti alcuni non infrequenti errori tipografici conservando però non solo, come ovvio, la prosa farraginosa e di linguaggio pomposamente giuridico, ma anche le numerose peculiarità ortografiche proprie non tanto del periodo quando piuttosto dell’autore (o del tipografo?). Ad esempio Morelli scrive “Volter” (per Voltaire), “Conte” (per Comte), mentre, ad esempio abbiamo unificato la grafia di Jules Simon, che troviamo scritta in maniera diversa (Iule, Iules, etc.). Ugualmente abbiamo mantenuto l’uso certamente improprio dell’apostrofo che viene usato tra l’articolo maschile “un” e la parola successiva se inizia per vocale mentre è sempre omesso nel caso invece che “un” preceda aggettivo o sostantivo femminile. L’utilità storica e documentale di questo testo certamente travalica i limiti ortografici (e di conoscenza del francese…) del valoroso avvocato e deputato pugliese la cui azione in favore dei diritti delle donne è stata pionieristica e preziosissima.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

L’ammirazione che sentiamo per le utili scoperte, per le produzioni artistiche, o per le opere letterarie che segnano un’epoca, un progresso nell’epoca loro, ci spinge nostro malgrado, per la forza di un sentimento che non arriviamo a definire, a voler conoscere i più piccoli particolari dell’esistenza de’ loro autori.
Tuttavia è bene il farlo osservare, ma più di qualsiasi altro prodotto dell’intelletto umano, sviluppano in noi le opere letterarie, questa naturale tendenza di voler conoscere la vita privata di un uomo, il cui nome appartiene alla vita pubblica del suo paese o a quella dell’intera umanità. Facile assai d’altronde è la spiegazione di questo fenomeno. Mettendosi con noi, l’autore di un libro amato, in diretta e misteriosa comunicazione d’idea, sviluppando nella nostra coscienza, arcani di cui ignoravamo l’esistenza, provocando l’apparizione d’idee che sentivamo ma che non giungevamo a definire, destando in noi nuovi pensieri, nuovi palpiti, cioè, nuove gioie e nuovi dolori morali, egli ci affida una parte dell’animo suo e degli stessi suoi sentimenti, egli, in una parola, ci affida una parte della sua esistenza, voglio dire il suo modo di sentire.

Scarica gratis: La donna e la scienza, o La soluzione del problema sociale di Salvatore Morelli.