(voce di SopraPensiero)

Pubblicato In Egitto, la caccia della jena di Michele Lessona.

Dall’incipit del libro:

Stavamo, al tramonto d’un giorno d’autunno, sul pendio d’una collinetta, una lieta brigata di vostri ospiti; ed io narrava d’un crocchio artistico e letterario torinese, che avea messo nel regolamento il seguente articolo come condizione d’ammissione:
«Art […]. Ogni socio, la sera in cui sarà accolto, narrerà in stile sublime la storia della sua vocazione, e in istile dimesso la storia dei suoi primi amori».
Parlammo di primi amori e di ultimi, comparativamente; si cadde d’accordo che convien lasciar soli a narrare i loro amori i poeti capelluti che vivono sulla anatomia patologica del proprio cuore; e di discorso in discorso contrassi il debito con voi di narrarvi qualche avventura mia di viaggio: questo debito vengo ora a pagarvi, come soglio pagar i debiti, tardi.
La scena è in Egitto, a Khankah (non pronunzierete mai bene questo nome se non con una spina di pesce confitta nella gola): siamo al Nord-est del Cairo, una trentina di chilometri discosto dalla gran capitale, un po’ meno dal Nilo, sulle sabbie dove comincia il deserto di Gessen, e proprio là dove s’accampano a pernottare, dopo la prima giornata di cammino, le carovane che dal Cairo muovono verso la Mecca.
Dalla parte del villaggio che guarda verso il Cairo, v’ha moschea abbastanza grande e bella; e una delle prime casipole presso la moschea, non meno cadente delle altre, è il caffè. Dentro è una tana buia ove non entra nessuno; fuori, due mattoni ritti con un po’ di carbone acceso fan da caminetto; una stoia in terra fa da sedile; una stoia stesa sopra, e il fogliame di un sicomoro, fanno da parasole.