In questo articolo del 1915 il logico Giuseppe Peano tratta la funzione dei simboli usati in matematica.

I primi simboli inventati erano simboli di aritmetica che, oltre ad avere una scrittura più breve rispetto a quella del linguaggio comune, hanno reso i calcoli più facili. Dal ‘500 vennero inventati i simboli in algebra, per sostituire parole tecniche nate dal linguaggio comune. Un secolo dopo sorsero i simboli del calcolo infinitesimale. Solo dall’ ‘800 la geometria è trattata con una notazione simbolica, grazie alla teoria dei vettori. L’ultimo simbolismo è quello della logica matematica, che usando solo una decina di simboli esprime relazioni logiche che nel linguaggio comune sono espresse da un migliaio di parole. Nella logica matematica si scopre inoltre che i simboli facilitano il ragionamento e permettono di esprimere idee più astratte e significati esatti non possibili usando parole comuni.

Sinossi a cura di Michele De Russi

Dall’incipit dell’articolo:

Lo splendido e altamente suggestivo articolo di Eugenio Rignano, Le forme superiori del ragionamento (in «Scientia», gennaio, febbraio e marzo 1915), mi induce a trattare una questione analoga, cioè la funzione che i simboli hanno in matematica.
I simboli più antichi e oggi più diffusi sono le cifre dell’aritmetica 0, 1, 2, ecc., che noi imparammo verso il 1200 dagli Arabi, e questi dagli Indiani, che le usarono verso l’anno 400.
Il primo vantaggio che si vede nelle cifre è la brevità; i numeri scritti in cifre indo-arabiche sono molto più brevi che gli stessi numeri scritti in tutte lettere in una nostra lingua, e sono anche in generale più brevi degli stessi numeri scritti colle cifre romane I, X, C, M.
Ma un esame ulteriore ci fa vedere che le cifre non sono dei puri simboli stenografici, cioè delle abbreviazioni del linguaggio comune; essi costituiscono una nuova classificazione delle idee. Così se le cifre 1, 2,… 9 corrispondono alle parole «uno, due, … nove», invece alle parole «dieci, cento» non corrispondono più simboli semplici, ma i simboli composti «10, 100». E il simbolo 0 non ha alcun equivalente nel linguaggio volgare; noi lo leggiamo colla parola araba zero; i Tedeschi e Russi usano la parola latina nullo.

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