(voce di SopraPensiero)

Breve novella che vede un ricercatore alle prese con una duplice necessità: verificare sperimentalmente una sua teoria riguardo alla vitalità autonoma dell’apparato digerente e fronteggiare le pressanti richieste di un usuraio col quale è indebitato. Trova una splendida sintesi per far fronte a entrambe. Forse non a caso l’autore, insigne professore di letteratura italiana, aveva come nome di battaglia durante la resistenza “partigiano Poe”…

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Ma è poi un delitto?
Di ciò che ho commesso, la mia coscienza non mi muove rimprovero, né io sento rimorso di sorta, nemmeno negli istanti di piú intensa solitudine, di piú secreto raccoglimento intellettuale: gli altri lo hanno chiamato delitto; ma è egli possibile che chi nel piú sicuro e compiuto possesso di tutte le sue facoltà, col piú freddo calcolo, col piú saldo raziocinio ha commesso un’azione delittuosa, non debba poi provarne alcun rincrescimento, né sentirne mai dolore o paura?
Delitto ciò ch’io non dubiterei domani di far da capo, senza esitazione, con la stessa impassibilità con cui l’ho fatto la prima volta? Io rifiuto di raccogliere una designazione cosí ingiuriosa; e non l’ho scritta al sommo di questa pagina, se non per averla sott’occhio come un eccitamento continuo a protestare piú fieramente contro di essa e contro l’ingiustizia degli uomini che l’hanno profferita!
Or chi non ha l’animo posseduto da grette credenze, chi non ha lo sguardo offuscato dal pregiudizio morale o religioso, legga attentamente queste pagine autobiografiche, ne mediti serenamente il contenuto: giudichi senza paura e senza passione. Io non temo il suo giudizio.

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