Zuccoli, in maniera un poco bizzarra, capovolge la situazione del romanzo di Guido da Verona Colei che non si deve amare, cercando di impartire un sapore vagamente esotico, del quale avrebbe potuto tranquillamente fare a meno, attribuendo un’origine araba alla storia di questa famiglia che appare completamente succube al proprio destino. Marcello Drusba è un giovane entusiasta ma piuttosto sprovveduto. Padre e madre vivono separati e lui, uscito dal collegio di Albano, si reca a Modena per studiare all’università. Ha anche due sorelle, Fulmen e Magda, che vivono con la madre a Roma; le suddette sorelle non si curano affatto di valori come onore e buon nome della famiglia e si dedicano senza troppe reticenze a una vita da “mondane”. Marcello è ignaro di questa attività delle sorelle che senza scrupoli lo ingannano. Marcello si innamora, riamato, di una bella e giovane contessa. Il romanzo si snoda attorno alle vicende di questi personaggi e Zuccoli impartisce un tocco di visione psicologica, leggera e superficiale quanto si vuole, ma non esente da risultati che rendono piacevole la lettura. Ecco una recensione, firmata Gino Cornali, del libro pubblicata sulla rivista “I libri del giorno : Rassegna mensile internazionale” del maggio 1921:

«Se non ci fosse, sul frontespizio, la data, 1920, lo si direbbe del tempo della Compagnia della Leggiera, quando lo Zuccoli non era ancora illustre ma era già in compenso uno squisito scrittore. Eppure, sfogliando I Drusba, incontriamo una frase come questa: “Tolstoi… è un russo, che abita in una sua tenuta che si chiama Jasnaja Poliana… ed è perseguitato per le sue idee…”. Quei due presenti inducono a dubitare alquanto sul valore di quella data… Le date non contano un bel niente, d’accordo; ma quando a certe date corrispondono libri belli e a certe altre libri assai meno belli, allora hanno un significato esse pure. Ad ogni modo, e questo importa, I Drusba sono un bel romanzo: fortemente pensato e solidamente costruito. In alcune pagine (come nelle scene tra Marcello e Fulmen a Roma, e tra Marcello e Magda nell’albergo di Castelfranco) l’efficacia della rappresentazione è perfetta. In alcune altre (come nelle ultime, e negli incontri tra Marcello e la contessa) la concitazione tragica e passionale è contenuta da un tal senso di sobrietà da farci ricordare i grandi modelli. Marcello, Fulmen, Magda, Giampietro hanno contorni così precisi, fisionomie così particolari che li vediamo muoversi, camminare, vivere inconfondibilmente tra l’esigua folla dei personaggi secondari. Il romanzo non è senza difetti (chi riesce a pensarlo un libro senza difetti? Forse lo scrittore, quando sogna il libro che incomincerà a scrivere domani!); ma il curioso è questo: che i difetti de I Drusba sono quelli proprii ai giovani romanzieri: attimi di disattenzione e di rallentamento, brevi interventi dell’autore fra la rappresentazione e il lettore… Difetti, insomma, che sentono stranamente di primavera.
Ho udito dire che questo romanzo è troppo “cinematografico”. Può darsi. Ma se i romanzi “cinematografici” fossero tutti come questo di Luciano Zuccoli, io sento che diventerei un assiduo del cinematografo….»

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Intorno a quella famiglia, Paolo Storbini aveva indovinato anche ciò che non sapeva; ma la naturale prudenza e la sua posizione di Rettore del Collegio lo avevano consigliato a non indagare oltre; oltre ciò che legittimamente si poteva dire, oltre ciò che appariva da autentici documenti. Il resto non era forse che sospetto, maldicenza, giudizio temerario.
Nove anni addietro aveva accolto, perchè doveva accoglierlo, fra gli allievi del Collegio Alessandro Volta il piccolo Marcello Drusba, nato a Roma da Adolfo Drusba e da Sofia Stundi.
Gli era stato accompagnato dalla madre, bella donna, sulla trentina, alta, svelta, ben vestita. Le carte erano in regola; dalle note dei primi studii, il bambino sembrava diligente.
A voce, la signora, timida e gentile, aveva detto d’esser madre di altre due creature: Fulmen, di dieci anni, e Magda, di nove; Marcello ne aveva sette.

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