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(voce di SopraPensiero)Risparmio, progresso, sicurezza: pochissimi anni fa, quando impazzava in Italia la «voglia di nucleare», erano queste le tre parole d’ordine di ogni dibattito alla TV, alla radio, sulla stampa. Poi, Fukushima. È l’11 marzo 2011. Da lì in poi hai voglia a parlare di errore umano, di estrema fatalità, ormai nessuno ci crede più: ormai è chiaro a tutti (anzi, è evidente) che la «sicurezza nucleare» è un ossimoro, una contraddizione in termini, un «mito» (come l’espressione è stata poi battezzata all’indomani del disastro). Perché una verità spicca su tutto il resto: che sul nucleare nulla è certo, tranne ciò che già sappiamo. E quel che sappiamo è che da una tragedia nucleare non c’è scampo: nessuna decontaminazione, nessuno stanziamento, nessuna operazione di recupero potrà mai riportare la vita lì dove c’è stata la morte atomica.
Un libro splendido, questo di Naomi Toyoda, le cui centinaia di foto a colori parlano molto meglio del pur ottimo testo che le accompagna: e parlano dei morti, certo, e degli ammalati; ma anche di quelli che – nonostante la loro casa non sia stata distrutta dalla calamità – non potranno mai farvi ritorno. Parlano dei bambini, ai quali non siamo in grado di spiegare perché non ci siamo opposti all’energia nucleare. Dopo Chernobyl. Dopo Three Miles Island. E ancora oggi, dopo Fukushima. Sarebbe il caso di dire – se non si temesse di sembrare retorici, ma certe volte vale la pena di correre il rischio – che questo è un libro che tutti dovrebbero conoscere. Per capire cosa c’è sull’altro piatto della bilancia quando il benpensante di turno parla di «risparmio percentuale nella bolletta elettrica». Pubblicato con il contributo e la cura del Centro di documentazione Semi sotto la neve.
N. Toyoda, Fukushima. L’Anno Zero, ed. Jaca Book, 2014, pp. 159, euro 35.