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Stampato nel 1675 questo “Cours de Chymie” rappresenta una data importante per lo sviluppo delle teorie chimiche, prova ne è che il “Cours” ebbe oltre trenta edizioni e anche le edizioni italiane sono numerose.
Lemery aveva accettato la teoria di Le Febvre dei cinque principi (mercurio, sale, zolfo, – attivi –; acqua e terra – passivi) consolidata nel Traité de la Chymie di Christophe Glaser nel 1663 (dove al mercurio è sostituito lo spirito). Il quadro generale vedeva la scienza francese tesa a ottenere un articolato sviluppo della chimica farmaceutica: nel 1640 il paracelsiano Guy de la Brosse – medico di Luigi XIII – aveva dato vita a Parigi al Jardin Royal des Plants, presso il quale fu istituita la cattedra di chimica fin dal 1648 affidata allo scozzese William Davidson che nella sua opera principale segue le idee di Paracelso. Prima Glaser e poi, con più vigore, appunto Lemery lavorarono alla dissipazione delle “tenebre” paracelsiane progressivamente diradate per consolidare un linguaggio specifico corrispondente a pratiche operative.
La sezione teorica di apertura si fonda su una visione atomistico-meccanica, piuttosto diversa però da quella di Boyle, che resta fondamentalmente un filosofo della natura. Lemery è consapevole che la filosofia meccanica, pur contribuendo a superare le spiegazioni vaghe della scuola di Paracelso, non poteva comunque soddisfare totalmente alla redazione di un corso di chimica medica. La sua straordinaria importanza nella storia della chimica consiste nel brillante tentativo di armonizzare i meccanismi particellari invisibili con l’insieme delle conoscenze ormai acquisite dalla iatrochimica. Quindi Lemery non si pone come obiettivo la formulazione di una teoria chimica completa ma il dar conto delle conseguenze osservate nelle reazioni. Per questo immagina tutti i tipi di particelle che gli erano necessari a questo scopo (puntute – gli acidi –; rotonde, porose – gli alcali –, ecc.), particelle che non erano né osservate né sperimentate ma “dedotte” in base alle proprietà riscontrate nelle sostanze a livello sensibile. Nonostante Lemery accetti i “cinque principi” è consapevole che le “particelle” sono sottese ai “principi”; dice infatti: «Intendiamo dunque con il termine Principi della chimica solo delle sostanze separate e divise fintanto che i nostri deboli sforzi ne sono capaci”. In questo Lemery anticipa l’idea di Principio che sarà alla base della chimica settecentesca. Ovviamente il tentativo di conciliare i tre aspetti della materia – particules (che sarebbero i veri principi), i principi isolati dai chimici e i corpi oggetto di analisi – costruisce un quadro certamente contraddittorio. Ma quello che è da rilevare e sottolineare è l’estrema precisione della parte teorica in paragone alla tradizione manualistica precedente.
L’interesse delle reazioni converge principalmente in quelle di neutralizzazione degli acidi mediante gli alcali, interesse che deriva dalla sua pratica medica, poiché per Lemery le malattie sono infezioni acide causate dall’aria e quindi lo scopo della medicina consiste nella loro neutralizzazione mediante alcali.
Il meccanicismo chimico rovesciò le confuse visioni dei seguaci di Paracelso e la sua concretezza portò a scoperte e osservazioni di grande rilievo. Ma il suo percorso conduceva comunque nel vicolo cieco dell’irrisolvibile dualismo tra corpuscoli e principi. Per questo nel secolo successivo riprese vigore e si rivelò fecondo un approccio che possiamo definire “essenzialista”.
Fatta eccezione per i refusi e le omissioni più evidenti, che sono stati emendati (es.: tuttt’affatto con tutt’affatto), si è cercato di riprodurre il testo nella sua integrità, comprese le disomogeneità ortografiche e la punteggiatura spesso poco ortodossa. Ad esempio all’inizio della seconda parte viene usata la “j” nei dittonghi e poi scompare dopo alcune decine di pagine. È chiaro che si tratta di conseguenza dell’alternanza di “proto” differenti, ma si è deciso di mantenere anche questo tipo di peculiarità. Sono stati sciolti i “tituli” e sostituito con “et” la &.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
La maggior parte d’Autori ch’hanno trattato della Chimica, hanno scritto con tanta oscurità, che pare, c’habbino fatto tutto il loro possibile di non esser intesi. E si può dire che sono molto bene riusciti, mentre che questa scienza è stata quasi sepolta per più secoli non essendo intesa se non da pochissimi Soggetti. Da ciò nasce in gran parte l’impedimento di più gran progresso che si havrebbe potuto fare nella Filosofia, essendo impossibile il discorrere da buon Fisico à chi non sappia la maniera della quale la natura si serve nelle sue Operationi; il che è perfettamente spiegato dalla Chimica. Ella ci insegna come le Acque Vitrioliche e Metaliche si coagulano nelle viscere della Terra per far i Minerali, li Metalli e le Pietre, secondo le diverse Matrici nelle quali si rincontrano. Ella ci dà un’Idea sensibile della Vegetatione e crescimento d’Animali per le Fermentationi e Sublimationi. Essa c’insegna colla Distillatione, in che modo il Sole, havendo rarefatte l’Acque del Mare, le solleva in nuvole le quali poi distillano in pioggie overo in ruggiade: finalmente con la separatione del puro dal impuro, essa ci fà comprender l’ordine ch’Iddio osservò nella Creatione dell’Universo. Se dalla consideratione dell’Universo si volesse passare à quella dell’Huomo, che si può chiamare il Mondo picciolo, sarà facile da osservarvi gran numero d’Operationi simili à quelle che si fanno nella Chimica, come la Circolatione d’Humori, le Fermentationi, le Filtrationi, le Distillationi. Da ciò si potrà conoscere quanto sia utile questa scienza, e quanto si debba sforzarsi di renderla più chiara di quel che fù per il passato.
Scarica gratis: Corso di Chimica di Nicolas Lémery.