Pubblicato “Ceneri e faville” di Pietro Gori.
Dall’incipit del libro:
“Come al suo nascere, così pure innanzi di morire il nostro giornale manda a te, o popolo, la parola del saluto e dell’incitamento. L’Amico del Popolo, cade, non vinto, ravvolto nelle pieghe della sua bandiera. Cade, ma non muore. Un re, che il Giusti chiamò il Savoiardo dai rimorsi giallo, e che i cortigiani spudoratamente appellaron magnanimo, elargì nel 1848 una legge sulla stampa, mutilatrice di quel cencio di libertà – se è permesso contaminare la santa parola – nello statuto promessa.“