di
Le mille e una notte
Novelle arabe

Storia di Beder principe di Persia e di Giauhare, principessa di Samandal

tempo di lettura: 6 minuti


La Persia è una parte di terra, di sì grande estensione, da non far meraviglia se i suoi re portano il superbo titolo di re dei re. Uno di quei sovrani regnava da molti anni con una felicità ed una tranquillità che lo rendevano il più soddisfatto di tutti i monarchi. Vi era una sola cosa per cui si chiamasse sventurato; quella d’esser molto avanzato negli anni, e che di tutte le sue mogli non ve ne fosse niuna che gli avesse dato un principe da succedergli dopo la sua morte.

Un giorno in cui teneva l’assemblea de’ suoi cortigiani, un eunuco venne ad annunziargli che un mercante proveniente da un lontanissimo paese e conducendogli una schiava, domandava il permesso di fargliela vedere.

— Che si faccia entrare e sedere – disse il re – io gli parlerò dopo l’assemblea.

Quando l’assemblea terminò, e tutti si furon ritirati, il mercante si prostrò innanzi al trono del re.

Appena si fu alzato il re gli domandò se era vero che gli avesse condotta una schiava come gli era stato detto, e se era bella.

— Sire – rispose il mercante – io non dubito che la Maestà Vostra non ne abbia delle bellissime: ma io posso assicurarvi senza tema di errare che niuna può stare a pari della mia.

— Ov’è dessa? – soggiunse il re – conducetemela.

Venne condotta la schiava, ed appena il re la vide ne divenne appassionatamente innamorato.

— Ti farò contare diecimila piastre d’oro, sei contento?

— Sire – rispose il Mercante – io mi sarei stimato felicissimo se Vostra Maestà avesse voluto accettarla per nulla: ma non oserei ricusare una sì grande liberalità.

Il re fece collocare la bella schiava nel più magnifico appartamento dopo il suo, e le assegnò parecchie matrone ed altre schiave per servirla.

Le matrone dissero al re:

— Sire, se la Maestà Vostra ha la pazienza di darci soli tre giorni, noi c’impegnamo di farla vedere tanto superiore a quella ch’è presentemente, che non la riconoscerà più!

Il re ebbe molta pena a privarsi per sì lungo tempo del piacere di possederla interamente.

— Io lo voglio – diss’egli – ma a condizione che mi teniate la vostra promessa.

A capo di tre giorni la bella schiava, abbigliata magnificamente stava sola nella sua camera, seduta sopra un sofà ed appoggiata ad una delle finestre che guardavano sul mare, quando il re, avvertito che poteva vederla, vi entrò.

La schiava, sentendo camminar nella sua camera, rivolse subito il capo per vedere chi fosse. Ella riconobbe il re: ma senza manifestare la menoma sorpresa, senza nemmeno alzarsi per fargli cortesia e riceverlo, e come se fosse stata la più indifferente persona, si rimise alla finestra come prima.

Il re di Persia, lieto d’aver fatto un acquisto di cui era sì contento, picchiò colle mani ed immantinente entrarono più donne, cui comandò far servire la cena. Appena fu servita, egli disse alla schiava:

— Cuor mio, avvicinatevi, e venite a cenare con me!!

Ella si alzò dal luogo in cui stava, e quando fu seduta di fronte al re questi la servì.

La schiava mangiò, sempre cogli occhi bassi, e senza rispondere una sola parola, ogni volta che le domandava se le vivande le piacevano.

Per cangiar discorso il re le domandò come si chiamasse, se fosse contenta del suo abbigliamento, delle pietre preziose di cui era ornata, ciò che pensasse del suo appartamento e delle sue suppellettili, e se lo spettacolo del mare la divertisse.

Ma ella tenne il medesimo silenzio, di cui il Re non sapeva più che pensare.

— Sarebbe essa muta? – diceva egli tra sé.

Quando il re si alzò di tavola, si lavò le mani da un lato mentre la schiava se le lavava dall’altro.

Colse questa occasione per chiedere alle donne che gli presentavano il bacino, s’ella aveva loro parlato.

Quelle gli risposero:

— Sire, noi non l’abbiamo intesa parlare più di quello che la Maestà Vostra ha inteso; noi l’abbiamo pettinata e vestita nella sua camera, e mai non ha aperto la bocca.

L’indomani il re di Persia si alzò più appassionato per la bella schiava del giorno prima.

Essa non gli dette la consolazione di dirgli una sola parola per tutto un anno: ma nonpertanto ei non cessò dall’essere molto assiduo presso di lei con tutte le immaginabili compiacenze, e di darle le più segnalate prove d’una violentissima passione.

L’anno era corso, ed il re, seduto un giorno presso la sua bella, protestava che il suo amore invece di diminuire, aumentava giorno per giorno con maggior forza.

— Regina mia – le diceva egli – io non posso indovinare ciò che voi ne pensiate: nonpertanto nulla non è più vero, vi giuro che non desidero niente altro dacché ho la felicità di possedervi.

A questo discorso la bella schiava, che secondo il suo costume aveva ascoltato il re sempre cogli occhi bassi, si pose a sorridere.

Il re di Persia se ne accorse con una sorpresa che gli fece fare un’esclamazione di gioia.

La bella schiava ruppe finalmente il lungo silenzio, e così parlò:

— Sire, ho tante cose a dire alla Maestà Vostra rompendo il mio silenzio, che non so dove incominciare. Sire, io non posso darvi una più grande soddisfazione, che coll’annuncio della mia gravidanza. Spero che sia un maschio. Oltre ciò, Sire – aggiunse ella – se non fosse stata la mia gravidanza (supplico la Vostra Maestà di prender la mia sincerità in buon aspetto) ero risoluta a non amarvi come pure a tenere un perpetuo silenzio: ma presentemente io v’amo per quanto lo debbo.

Il re di Persia, lieto d’aver inteso parlare la bella schiava coll’annunciargli una notizia che tanto gli stava a cuore, l’abbracciò teneramente dicendole:

— Luce degli occhi miei, io non poteva ricevere una più grande gioia di quella di che mi colmate. Voi m’avete parlato ed annunciata la vostra gravidanza! Io non capisco in me stesso, dopo questo soggetto di letizia, che non mi aspettava punto.

— Sire – soggiunse la bella schiava – quantunque io sia vostra schiava, come ho già detto alla Maestà Vostra, un re non ne può padroneggiare la volontà. Nondimeno siccome parlate ad una schiava capace di piacere ad un monarca e di farsene amare, se la schiava è d’uno stato inferiore, voglio credere potersi essa stimar felice nella sua sciagura. Ma quale felicità intanto! Essa non lascierà di guardarsi come una schiava strappata dalle braccia della madre sua e del padre, e forse d’un amante che non lascerà d’amare per tutta la sua vita. Ma se ella stessa non cede in nulla al re che l’ha acquistata, la Maestà stessa giudichi del rigore della sua sorte, della sua miseria, della sua afflizione, del suo dolore e di che essa può esser capace.

Il re di Persia stupito da questo discorso esclamò:

— Come, signora, sarebbe egli possibile, come lo fate intendere, che scorra nelle vostre vene sangue reale? Informatemi di grazia, su questo punto e non aumentate la mia impazienza. Ditemi chi è il felice padre e la felice madre di un sì gran prodigio di bellezza, chi sono i vostri fratelli, le vostre sorelle, i vostri congiunti, e soprattutto come vi chiamate?

Continua…


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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Storia di Beder principe di Persia e di Giauhare, principessa di Samandal

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Le mille e una notte : novelle arabe. - Milano : Bietti, [1934]. - 541 p. : ill. ; 19 cm.

SOGGETTO:
FICTION PER RAGAZZI / Fantasy e Magia
FICTION PER RAGAZZI / Leggende, Miti, Fiabe / Generale