Il sesto volume della Storia degli italiani di Cantù, dal capitolo LXXXI al capitolo XCIII, è dedicato al periodo dei Comuni. Sono presentate, tra le altre, le figure di Ruggero di Sicilia, Arnaldo da Brescia, Federico Barbarossa, Enrico VI. E’ il grande periodo delle Repubbliche, delle lotte tra Guelfi e Ghibellini e della fine delle Crociate.
Una parte molto interessante è dedicata alle eresie, allo sviluppo delle Università, alle lotte per le Investiture.
Dall’incipit del libro:
Un pregiudizio attaccatoci da moderni scrittori confonde il Comune colla repubblica, la libertà civile colla libertà politica; onde, al nominare l’istituzione dei Comuni, immaginiamo una di quelle formidabili sollevazioni del dolore irritato, ove le plebi insorgessero contro i governanti, risolute di partecipare ai diritti politici di questi.
Nulla di ciò. Erano i deboli, che aspiravano ai diritti dell’umanità, a scuotersi di dosso il giogo feudale divenuto intollerabile, staccarsi dalla gleba, tornare liberi della persona, degli averi, della volontà, unendosi coi signori sotto una comune giustizia. In Italia queste franchigie crebbero fino a costituire gloriose repubbliche; in Francia, al contrario, diedero fondamento all’autorità monarchica; in Inghilterra i Comuni si congiunsero coi baroni onde fare a quella contrappeso; insomma possono associarsi con qual sia forma di governo, essendo il Comune un’estensione della famiglia, anzichè uno sminuzzamento del principato.
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