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Le Aquile della steppa (1907) non rientra nei più noti cicli narrativi, come il più famoso ciclo dei pirati della Malesia, in cui viene organizzata l’immensa produzione letteraria di Emilio Salgari.
Come il precedente Gli orrori della Siberia (1900), presente anch’esso qui in Liber Liber, è ambiento nell’area geografica d’influenza russa. La vicenda de Le Aquile ha luogo nella steppa tra il Mar Caspio, il Lago d’Aral e lungo il percorso dell’Amu Darya, il fiume più lungo dell’Asia centrale. È un’ampia zona abitata da popolazioni stanziali e nomadi, che, racconta lo scrittore, sono comprese nel “nome generico di turcomanni”. Ne fanno parte quattro etnie diverse per cultura, costumi, crudeltà, capacità belliche …: i Turchestani, gli Usbechi, i Kirghisi, i Bukara. Le Aquile della steppa, veri predoni nomadi e selvaggi, sono di etnia kirghisa.
Siamo nel 1875, epoca storica in cui la Russia continua ad espandersi soprattutto verso Oriente e in cui tenta di soffocare tutti i tentativi di indipendenza dei vari Khanati in cui si frammentava il territorio al turbolento confine tra Europa ed Asia. Il romanzo racconta la mortale rivalità tra due cugini, adottati dal grande e potente beg Giah Agha, per la bella e ardimentosa Talmà. L’amore per la fanciulla contesa è il motore di tutto il romanzo, nel quale si intrecciano ignobili tradimenti ed estreme fedeltà, infame vigliaccheria e illimitato coraggio, giochi di potere e dedizione filiale.
Ma, oltre a narrare la vicenda mozzafiato piena di velocissimi colpi di scena, Salgari ci informa di usi, costumi, particolarità geografiche… E così veniamo edotti sui tipici sistemi di tortura dei ‘turchestani’, su quali siano i migliori cavalli al mondo, su usi e costumi matrimoniali, sulle prelibatezze gastronomiche, sulla fabbricazione dell’acqua di rose, sulle feste religiose, sui terribili effetti della burana, sulla pesca coi cormorani, sui giacimenti di petrolio….
Così scopriamo anche l’origine, secondo Salgari ma non solo, dell’interiezione urrah:
“Uran!… Uran!…
Era quel grido formidabile dei cavalieri turchestani, che tante volte aveva fatto impallidire i poveri abitanti della steppa; un grido che somigliava all’urrah leggendario dei cosacchi, urlo di guerra ed insieme di entusiasmo.”
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi
Dall’incipit del libro:
– All’armi Sarti!… Eccolo!… –
Un urlìo assordante fece eco a quel grido; poi un’onda di uomini si rovesciò attraverso le strette viuzze del villaggio fiancheggiate da casette d’argilla grigia, di meschino aspetto come già lo sono tutte quelle che abitano i turcomanni non nomadi della grande steppa turanica.
– Fermatelo con una palla nel cranio!
– Lesti, giovanotti!
– Addosso a quel cane!
– Fuoco! –
Una voce imperiosa, che non ammetteva replica, dominò tutto quel baccano:
– Guai a chi fa fuoco! Cento tomani a chi me lo porta vivo! –
Chi aveva dato quell’ordine era un bel vecchio, uno dei più belli che si potessero trovare nelle steppe turchestane, che doveva aver già varcata la sessantina, di forme piuttosto tozze e robuste con spalle ampie e braccia muscolose e la pelle fortemente abbronzata e resa ruvida dagli ardori intensi del sole e dai venti frizzanti della grande steppa, gli occhi neri e ancora pieni di fuoco, il naso un po’ adunco, come il becco dei pappagalli, ed una lunga barba bianca che gli scendeva fino a metà del petto.
Scarica gratis: Le aquile della steppa di Emilio Salgari.