Giuseppe Chiarini fu amico di Carducci per cinquant’anni: la sua biografia si basa su ricordi diretti dell’autore e sulla corrispondenza tra i due, raccontando in dettaglio le baruffe letterarie giovanili del Carducci, che lo coinvolsero come partecipante al gruppo degli “amici pedanti”; la vita familiare del Carducci; quella lavorativa come insegnante, prima di liceo e poi universitario; le sue opere poetiche e storiche e le sue opinioni politiche, che passano da un radicale repubblicanesimo ad una simpatia per la monarchia e ad un’amicizia con Francesco Crispi. Quello che non cambiò negli anni era il suo sincero patriottismo che arrivò, con l’uccisione di Oberdan, all’irredentismo.

In queste vicende Carducci fu candidato, controvoglia, due volte al parlamento. La prima volta fu eletto ma non venne sorteggiato fra gli eletti che – secondo la vigente legge elettorale – dovevano andare alla Camera. Il mancato sorteggio viene visto da Chiarini come uno scampato pericolo, temeva che Carducci potesse:

«guastarsi il sangue in quella bolgia, dove per trovarsi ad agio bisogna essere almeno un po’ ciò che lui non è punto; un po’ intriganti, un po’ ipocriti, un po’ ciarlatani. Anche una certa dose d’ignoranza e di cretinismo non guasta: ma ciò che giova soprattutto e non avere convinzioni facendo mostra d’averne, e deporre sulla soglia ogni avanzo di rispetti umani e di scrupoli.»

Alla fine in parlamento ci andrà, ma come senatore nominato dal Re.

Wikipedia designa Chiarini come “il primo biografo di Carducci”. In effetti, quest’opera fu pubblicata una prima volta nel 1903 quando il poeta era ancora vivo. Forse per questo Chiarini sembra quasi giustificarsi:

«La sua fama crebbe in questi ultimi anni meravigliosamente, tanto che il nome di lui diventò popolare. Il giudizio della posterità, che riconosce e consacra gl’immortali, cominciò per lui mentre egli era ancora vivo.»

Nel 1907, subito dopo la morte di Carducci, fu pubblicata una seconda edizione, che è il nostro testo di riferimento, a cui Chiarini aggiunse in appendice il racconto degli ultimi anni di vita del poeta, tra cui il conferimento del Premio Nobel per la letteratura, nel 1906 che, in via eccezionale a causa della sua malattia, fu consegnato nella sua casa di Bologna dall’ambasciatore svedese.

Sinossi a cura di Claudio Paganelli

Dall’incipit del libro:

Feci la conoscenza personale del Carducci nell’estate del 1855. Lo avea veduto tre anni avanti a San Giovannino delle Scuole Pie alle lezioni di filosofia, dove andavo qualche volta benchè avessi terminati l’anno innanzi gli studi. Egli entrò ch’era già cominciata la lezione, entrò con passo ardito e franco e con la testa alta, e andò a mettersi al suo posto nei gradi più bassi dell’anfiteatro. Io aveva sentito parlare di lui con ammirazione dai suoi compagni di scuola, da alcuno dei quali ebbi copia di qualche sua poesia, che mi parve molto bella. Più tardi uno di quelli stessi compagni mi diede a leggere manoscritta la canzone su Dante che il Carducci aveva composta nel 1854 per una Accademia delle Scuole Pie, della quale dovrò parlare più avanti. La canzone avea fatto un po’ di chiasso, specie fra i giovani, e ne corsero delle copie manoscritte, una delle quali appunto fu data a me. Io ne restai vivamente ammirato, e me ne crebbe il desiderio, che già avevo, di conoscere di persona l’autore. Avevo fatta da poco la conoscenza di Enrico Nencioni, stato condiscepolo del Carducci alla scuola di retorica del Padre Barsottini, e suo amicissimo.

Scarica gratis: Memorie della vita di Giosuè Carducci di Giuseppe Chiarini.