Riceviamo e pubblichiamo con piacere un testo di Massimo Pallottino che recensisce il romanzo di Marco Candida “Il bisogno dei segreti”, che abbiamo recentemente presentato qui.
Le storie narrate da Marco Candida delineano mondi in cui il lettore si fa compagno di viaggio del protagonista sin dalla prima pagina, un suo alter ego che legge ed assiste alla storia sentendo di condividerne gli stessi pensieri, le stesse emozioni, perfino le stesse identiche parole. Al centro di questo romanzo ambientato a Genova, ulteriore conferma del talento di uno scrittore che sarebbe interessante seguire fin dal suo esordio nel 2007 con «La mania per l’alfabeto» edito da Sironi, c’è la vicenda di Connie La Brava che Candida narra attraverso una scrittura mai monocorde e dai registri diversissimi, luccicanti, capace di cristallizzare ombre e luci della protagonista in istantanee che rimangono scolpite per sempre nell’immaginazione del lettore; un linguaggio in divenire in perfetta sintonia con l’evoluzione umana ed esistenziale di una figura femminile che fino all’epilogo appare sfuggente, imprevedibile, cangiante (Connie La Brava che a un certo punto insinua il dubbio di non esserlo più), sempre pronta a vestirsi di una nuova identità per disfarsi delle precedenti, e poi attorno a lei altri personaggi, tra cui i suoi genitori preoccupati per un cattivissimo odore che emana la figlia fino a diventare motivo del loro inspiegabile tormento, il suo ex Manuel, la sua migliore amica Ginevra, i quali sfilano all’interno del racconto quasi come proiezioni dell’universo della protagonista, ad un tempo funzionali e indispensabili alla sua stessa esistenza. E al di là di tutto e di tutti il bisogno dei segreti, come recita il titolodel romanzo. Infatti che cosa significa per Connie La Brava custodire per la prima volta un suo segreto? E quest’ultimo che opportunità e potere può darle nei rapporti con gli altri? Due domande in cui è racchiusa la quintessenza di questo bel romanzo, e delle quali l’autore, a mio parere nel pieno della sua maturità espressiva, si serve per traghettare il lettore con mirabile maestria verso il finale: una sorta di cruciale e magico disvelamento nel quale anche la triste crudeltà della vita ci sembra rischiarata da squarci di autentica bellezza.
Come un sogno terribile che Connie La Brava riesce ad esorcizzare e di cui alla fine non ha più paura.