Pubblicato una prima volta a puntate su una rivista, e poi raccolto in un libro nel 1909, Martin Eden viene descritto come un romanzo autobiografico, perché la vicenda del protagonista, un incolto marinaio che riesce ad elevarsi verso la bellezza e la cultura, ma i cui meriti non vengono per molto tempo riconosciuti, rispecchia da vicino la vita dell’autore. Insieme a questo è presente una forte critica politica verso la società dell’epoca: Martin si dichiara seguace di Herbert Spencer, filoso liberista teorico del darwinismo sociale, e di Friedrich Nietzsche e della sua teoria del superuomo. Dotato di un fisico possente, oltre che di una fortissima volontà e di una pronta intelligenza, ha tutte le caratteristiche del campione dell’individualismo, in aperta contrapposizione con gli ideali socialisti dell’autore, ma le vicende a cui va incontro, la scoperta della grettezza del mondo borghese che tanto ammirava all’inizio del suo percorso di formazione, e la delusione ed il fallimento finale della sua vita valgono forse più di una esplicita dichiarazione politica, come per esempio avviene nel Tallone di ferro.
La trama è lineare: Martin aiuta in una rissa Norman, un ricco borghese, ed invitato a cena come ringraziamento, conosce Ruth, la sorella, e se innamora subito, sia per la sua bellezza che per la sua cultura: decide di studiare per diventare degno di lei, e si dedica a questo in maniera appassionata ed ossessiva, diventando uno scrittore di poesie, di romanzi e di saggi filosofici, che però non riesce a pubblicare. Rifiuta ostinatamente di trovarsi un’occupazione impiegatizia, per non dover abbandonare i suoi studi, limitandosi, nei momenti di maggior bisogno, a periodi di lavoro altrettanto intensi e forsennati come lo studio, ad esempio come lavandaio.
Con la sua crescita culturale, Martin capisce che la cultura di Ruth e della sua famiglia, che tanto ammirava, è in realtà poca cosa rispetto ai suoi ideali: in quel momento, a causa di una falsa notizia – un giornale lo indica come capo dei socialisti di Oakland – viene rinnegato dai suoi famigliari (i due generi bottegai) ed abbandonato da Ruth. Quando tutto sembra precipitare, riesce finalmente a far pubblicare un suo saggio filosofico, che ha uno straordinario successo, e in seguito a questo – proprio quando ha deciso di non scrivere più nulla – vengono acquistati a caro prezzo e pubblicati tutti i suoi manoscritti che erano stati più volte rifiutati. Martin è ricco, e si dimostra generoso nei confronti delle sorelle e degli amici, ma ha perso la voglia di vivere, e respinge un tentativo di Ruth che vorrebbe riappacificarsi. La sua ossessione è diventata: “Ero lo stesso Martin Eden”, che prima era reietto ed ora diventa popolare e ricercato. Perché? l’unica differenza erano i soldi e la fama.
Una curiosità: nella prefazione il traduttore Gian Dàuli cita “l’antico canto caldeo” che assomiglia molto alla Fiera dell’Est di Branduardi:
«L’Angelo della morte ha ucciso lo scannatore che scannò il bue, il bue che bevve l’acqua, l’acqua che spense il fuoco, il fuoco che bruciò il bastone, il bastone che battè il cane, il cane che morse il gatto, il gatto che divorò il capretto, l’unico figlio della capra!»
Sinossi a cura di Claudio Paganelli
Dall’incipit del libro:
Arturo aprì la porta ed entrò, seguito da un giovane che si tolse, con gesto goffo, il berretto. Costui indossava un rozzo vestito da marinaio, che stonava in mondo singolare con quell’hall grandioso.
Il copricapo lo imbarazzava molto, e già egli se lo ficcava in tasca, quand’ecco Arturo toglierglielo dalle mani, con un gesto così naturale, che il giovanotto intimidito ne apprezzò l’intento: «Si capisce!… ‒ disse fra sè, ‒ mi ha aiutato a trarmi d’impaccio.»
Camminava sulle calcagna dell’altro, ondeggiando colle spalle e inarcando le gambe sull’impiantito, senza volerlo, come per resistere a un rullìo immaginario. Quelle sale spaziose sembravano troppo anguste al suo cammino, ed egli era addirittura spaventato dal timore di collusioni delle sue larghe spalle con gli stipiti delle porte o con i ninnoli delle mensole. Si scostava bruscamente da un oggetto per isfuggirne un altro e si esagerava i pericoli che in realtà erano solo nella sua immaginazione. Fra il pianoforte a coda e la grande tavola centrale sulla quale erano accatastati innumerevoli libri, avrebbero potuto procedere di fronte una mezza dozzina di persone; eppure egli vi s’arrischiò con angoscia.
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