Dall’incipit della tesi:
In Effetto notte (La nuit américaine, 1973) un sogno ricorrente agita il sonno del regista Ferrand (François Truffaut) durante le riprese del suo travagliato film Je vous présente Paméla: un bambino percorre nottetempo una strada deserta, raggiunge l’entrata di un cinema chiuso e allungando una mano attraverso la grata della serranda, ruba la locandina di Citizen Kane.
Accenno autobiografico (le scorribande con Robert Lachenay) e omaggio di Truffaut al cineasta al quale si deve il maggior numero di vocazioni alla regia, questa scena oltrepassa i confini del ricordo individuale. Quarto potere (Citizen Kane, 1941) infatti non è solo il film che rivela la personalità di Orson Welles segnando una tappa fondamentale della storia del cinema e della formazione di Truffaut ma si lega anche ad un’esperienza collettiva: la scoperta dei film d’oltreoceano nell’Europa finalmente liberata dal nazifascismo.
Naturale quindi che questo episodio sia al centro del film che Truffaut ha dedicato alla messa in scena del mestiere di regista. Determinante è invece il fatto che sia affidato all’infanzia, isolata attraverso il meccanismo del sogno dalla quantità di personaggi e storie parallele che costituiscono la “realtà” di Effetto notte, il compito di essere veicolo del suo doppio significato. Come essere personali e nello stesso tempo interessare gli altri uscendo dall’aneddoto? Se esiste veramente una soluzione di continuità tra Truffaut critico e Truffaut cineasta, ad essa risale il paradosso tra la propensione autobiografica come garanzia di verità (una delle tesi della primissima Nouvelle Vague cui il regista non rinuncerà mai e l’esigenza di costruire un meccanismo, una “menzogna organizzata” che coinvolga tutto il pubblico emozionandolo (lungo i suoi film Truffaut si dirigerà sempre più decisamente verso la riscoperta dell’artificio del cinema andando apparentemente in una direzione opposta rispetto all’estetica che si desume dai suoi primi articoli). Da questo paradosso Truffaut esce facendo coincidere nella rappresentazione dell’infanzia particolare e generale. Chiave della “persuasione occulta” che Truffaut provocatoriamente dice di voler attivare nei suoi film, la rappresentazione dell’infanzia fonde visivamente memoria individuale e memoria collettiva.
Partendo dalla definizione, dovuta a Vittorio Giacci, dell’infanzia come “centro semantico” della filmografia truffautiana (solo in uno dei suoi film non compaiono bambini), intendiamo metterne in luce temi e significati attraverso l’analisi delle pellicole dove, per ovvie ragioni, questi si cristallizzano: Les mistons; Les quatre-cents coups; L’enfant sauvage; L’argent de poche.
Relatore Roberto Campari, anno accademico 1997/98, Università degli Studi di Parma, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea in Storia del Cinema.