L’autore, che amava Proust e lo tradusse anche nella sua lingua madre, il rumeno, aveva certamente ben presente che secondo l’autore francese il romanzo dovrebbe sfuggire alla tentazione di inserire nei piani della composizione propositi di poetica o riflessioni sulla scrittura. Sarebbe, secondo Proust, “una grave mancanza di finezza”: «Un’opera che contenga teorie è come un oggetto cui si sia lasciato il cartellino del prezzo».

Infatti è vero che un filone del grande romanzo del novecento ha abbinato alla semplicità espressiva lo svincolarsi da parametri rigidi, tipici per esempio del codice veristico; in questo modo dà corpo all’assurdità della colpa (Kafka) o della follia e del suo stupore (Walser) o dell’orrore e della crudeltà (Agota Kristof). Solo successivamente il romanzo europeo ha preso a inarcarsi sul proprio soggetto e a interrogarsi sul linguaggio.

Questo Accidentul, romanzo del 1940, che ha richiesto all’autore un grande sforzo emotivo ma anche stilistico documentato nel suo Journal, si colloca a pieno titolo tra i grandi romanzi della prima metà del novecento europeo. I parametri dell’identità e del “proprio” non trovano il senso nella risoluzione o “fine” del romanzo. Il suo discorso porta quasi all’estremo la lacuna del non detto e dell’indicibile; fornendo con questo strumento (che è quello adoperato magistralmente da Conrad in Cuore di tenebra) l’indice inequivocabile della cupa voragine del vuoto dal quale cercano di sfuggire i personaggi.

Nora, insegnante di francese, nell’inverno nevoso di Bucarest, cade scendendo dal tram in corsa e Paolo, avvocato, la soccorre, distratto e svogliato ma tuttavia premuroso. Scompare la sera stessa ma Nora lo rintraccia, una volta, due, finché lo trascina in una spericolata vacanza sulla neve. Qui abbiamo un lungo flashback che serve a inquadrare il personaggio della pittrice Ann, con la quale Paolo ha avuto una relazione che lo ha segnato e che gli impedisce di far pace con la realtà. La vacanza porta Nora e Paolo a essere ospiti di Gunther, ultimo discendente di una ricca famiglia di possidenti e speculatori, la cui madre è morta recentemente. Gunther vive in una rustica abitazione sulla montagna insieme a Hagen del quale si può forse intuire che della madre di Gunther sia stato innamorato, probabilmente corrisposto. Lo spessore e il travaglio di ogni personaggio è tratteggiato con rara maestria, persino quello del gigantesco cane Faffner. Molto raramente ho trovato interpretazione più compiuta del famoso pensiero di Walter Benjamin «la culla del romanzo è l’individuo nella sua solitudine».

Abbiamo la fortuna che le vicissitudini della vita di Oscar Randi lo indussero a tradurre questo romanzo, che rimase abbastanza a lungo l’unica opera di Sebastian tradotta in italiano e non più pubblicata dopo la prima edizione del 1945.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Non si raccapezzava quanto tempo fosse trascorso. Alcuni secondi? Alcun lunghi minuti?
Non aveva nessuna sensazione. Udiva intorno a sé delle voci, dei passi, delle chiamate, ma tutto in un tono sordo e cinereo, come in una specie di pasta sonora, dalla quale solo di tanto in tanto si staccava con una chiarezza subitanea un tintinnìo del tram o un grido, dopo di che riprendeva immediatamente il rumore confuso.
«Dev’essere un accidente», pensò ella colla massima calma, quasi con indifferenza.
Il pensiero non le suscitò né un allarme né fretta. Aveva un’impressione assai vaga di dover essere distesa a terra, a fianco del marciapiedi, col capo nella neve, ma non tentò di fare alcun movimento.
Le passò per il cervello una domanda stupida, senza senso: «Che ora poteva essere?».
Tese l’attenzione per udire il tic-tac dell’orologio da polso, ma invano. «Che si sia rotto?». Alla fine, con uno sforzo di attenzione verso il suo interno, osservò che effettivamente non udiva nulla del suo essere: né il polso, né il cuore, né la respirazione.
«Mi son fermata – rifletté – come un orologio». E le sembrò di sorridere, ma non sentiva le labbra, che cercò di localizzare in qualche sito di quell’oggetto familiare e tuttavia perduto, che era il suo corpo insensibile.

Scarica gratis: L’incidente di Mihail Sebastian.