Le ranocchie turchine è una raccolta poetica che segue di un paio d’anni la precedente dello stesso autore L’incubo velato. In entrambe le raccolte vediamo realizzata l’idea marinettiana e futurista per la quale «nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo»; avvertiamo tuttavia un passaggio tra il tono macabro e orrorifico che pervade interamente L’incubo velato e l’approdo dissacratore ma scanzonato di Le ranocchie turchine. Proprio i ranocchi che stanno, nella prima raccolta, nella putredine dello stagno «viscidi, freddi, esangui» saltano invece fuori in queste Ranocchie turchine con carattere fantasiosamente avventuroso e divertito.

Resta la coerenza nel riproporre a chi legge l’infrangersi delle consuetudini semantiche e, se mai, la sfumatura macabra è funzionale solo a mimetizzare la sorpresa per una novità illogica, per sottolineare, in opposizione alla poesia pascoliana, che siamo di fronte a un progetto di poesia che non ha l’obiettivo di essere gradevole e consolatoria; al contrario tende ad essere provocatoria, persino negli accostamenti tra sostantivo e aggettivo, molto spesso volutamente incoerenti e tendenti in questo modo a produrre effetti di stupore e di alterità. Non c’è, dietro a questi versi, ironia o polemica socio-politica ma solo volontà di colpire, sulla falsa riga tardo-romantica e baudeleriana, l’atteggiamento ipocrita del lettore con smorfie e sberleffi. Smorfie che risultano più efficaci attraverso l’incanto delle luci notturne, quando è più facile sentire gracidare le ranocchie che non cantare gli usignoli, come fanno agevolmente altri poeti. La fantasia di Cavacchioli rimane invece più colpita dalla vita che popola gli stagni e gli acquitrini. Ma non solo viscide ranocchie troviamo in questo cantare poetico del Cavacchioli: il mondo degli gnomi trova spazio e viene dipinto con i soliti contrasti:

Lenta accozzaglia di gnomi, di tutti i colori, di tutti
i generi, lividi e brutti, con grandi e con piccoli nomi,
saltella,

e ride a una vecchia carcassa di vecchio cavallo sdentato
che giace nel mezzo di un prato, sul grano che scatta e s’abbassa
al ritmo d’una tarantella.

Pur consapevole della distanza immensa tra i due poeti, non si può non riscontrare che questo genere piaceva tanto anche al grande Shakespeare. Appena il poeta ci offre immagini colorate e liriche (gnomi di tutti i colori) subito dopo ci colpisce con uno schiaffone (vecchia carcassa di vecchio cavallo sdentato) che non fa male, però, lascia infatti solo l’impressione dello sberleffo. Ed è così per tutto il volume, alternando morbidi petali a taglienti schegge di vetro. L’eccentricità futurista risulta sempre ben dosata: è nervosa, a tratti delirante ma non pretende di esporre sistemi filosofici e sotto il gracidare dei batraci possiamo riuscire ad avvertire il fremito struggente della poesia. Anche se non troveremo le dolci malinconie del “chiar di luna” non mancheranno gli aspetti romantici, un po’ macabri talvolta certamente, della notte e della primavera. Le sue stranezze non sono certo prive di aspetti lirici, come il gallo che

All’alba, quando becchi
le stelle ad una ad una,
e fai pianger la luna
sul sole in cui ti specchi,

Don Giovanni da stia
chiami le gallinelle
fuor dalle finestrelle
su l’aia solatìa.

Gli abusi metrici non sono quasi mai eccessivi, forse in parte tradendo lo spirito delle innovazioni futuriste miranti alla distruzione della sintassi e al dare spazio alle “parole in libertà”, e anche gli scivoloni nella trivialità non interrompono in maniera troppo definitiva la possanza di alcune liriche:

Furentemente lo scirocco soffia
come una bocca ignota e gigantesca
che s’avvicina e si ritrae lontano;

palpita un poco il mare a quella smorfia,
e la terra respira e si rinfresca
al primo bacio antimeridiano.

La raccolta si conclude con l’elegia per la morte di D’Annunzio, condottiero di batraci. Garbata ironia e sapiente irriverenza si coniugano in questo caso in maniera abbastanza efficace.

Il volume è introdotto dalle considerazioni di Marinetti sulla Fondazione del futurismo e dalla riproposizione del manifesto del movimento.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Libertà lussuriosa apri le porte
alle Ranocchie azzurre, in guizzi audaci:
tra i loro canti fermi più tenaci
giunge il Poeta in mezzo alla sua corte!
E schiude gemme al suo passare, e schiude
stelle verdigne in fuochi originali,
mentre s’inchinan folli, alle regali
orge di rime cento fronti ignude.
Squillan campane, in campanili al sole:
largo al Messia magnifico signore!
Se Primavera avvampa è pel cantore
che s’arroventa nelle sue parole.

Scarica gratis: Le ranocchie turchine di Enrico Cavacchioli.