Pubblicato nel 1930, il saggio non a caso è dedicato a Adolfo Orvieto (1871 – 1951), avvocato, critico teatrale e bibliofilo. Angeli infatti dichiara di aver scritto queste Cronache su suggerimento dell’amico eche esse hanno visto per la prima volta la luce nelle pagine de «Il Marzocco», rivista settimanale letteraria di cui Orvieto era stato nel 1896 fondatore insieme con il fratello Angiolo. Adolfo ne era stato anche redattore come critico teatrale, poi, dal 1901, direttore. La rivista, sempre di quattro, sei pagine,indebolita anche dalle leggi fasciste del 1926 sulla stampa, chiuse le pubblicazioni il Natale del 1932.Angeli era entrato nella rivista già nel primo anno 1896 con due poesie: Mezza estate (n. 37 di ottobre) e Baiu, baiuschki, baiù (n. 42 di novembre).
L’autore, nella dedica, ricorda che sono passati una decina di anni dalla pubblicazione nelle pagine de«Il Marzocco» e avverte che a rileggere quegli articoli, qui raccolti in volume, si troverà che tanti giudizi sono cambiati, tanti uomini che sembravano grandi sono stati avvolti nelle nebbie della storia, tante diatribe che allora sembravano definitive, ora fanno sorridere. Ma egli non vuole rimettervi mano, vuole lasciare alle sue cronache il «senso d’allora», che nasceva anche dal fatto che allora era giovane. Eglicominciò a frequentare il Caffè Greco intorno ai quindici anni, nel 1880, accompagnato dal padre Maurizio, appena trasferitosi da Firenze e che lì ritrovava alcuni vecchi amici del famoso Caffè Michelangelo e della «Macchia» fiorentina.Diego Angeli non vuole rimuovere la polvere che il tempo negli anni ha depositato sopra quei suoi felici ricordi. E possiamo essergli grati di questa scelta, perché restano, nella pagine di questo libro, tutta la forza, la curiosità, l’esuberanza della giovinezza che Angeli aveva saputo infondere negli articoli.
La bottega del caffè più antica di Roma, seconda in Italia solo al Caffè Florian di Venezia, fondato una quarantina di anni prima, apre le porte nel 1760 su una delle strade più eleganti della città, la via dei Condotti – aperta nel 1547 da papa Paolo III Farnese –, una via di negozi di mode e di oggetti d’arte ben apprezzata da Angeli. Tuttavia nelle Cronache è citato anche un certo Giacomo Casanova che nelle sue Mémoires racconta di essere entrato nell’ottobre del 1743 in un “Caffè di Strada Condotta” su invito dell’abate Gama per farsi un’idea dell’ambiente, ambiente particolare, eterogeneo, vivace che certamente non gli fu sgradito. Forse non è il ‘nostro’ caffè, scrive Angeli, ma ce ne potevano essere altri in quella strada di così famosi?
Oggi son trascorsi ben oltre due secoli e mezzo dalla fondazione del Caffè Greco e quasi cento anni dalla pubblicazione di queste Cronache. Esse descrivono, oltre all’epoca in cui Angeli fu diretto testimone a cavallo tra ‘800 e ‘900, la vita del Caffè dalla sua fondazione, circa 150 anni in cui cambiano governi, mode, culture: di immutabile resta solo lui, l’Antico Caffè Greco. Angeli cita il Venerabile Beda «Quandiu stat Colyseus stat et Roma; quandiu cadet Colyseus cadetet Roma; quandiu cadet Roma cadet et mundus.». La stessa cosa, scrive, vale per il Caffè Greco.
Ricostruire la storia della vita culturale della caffetteria è impossibile, lamenta l’autore: il registro degli ospiti, i libri dei conti, la rassegna stampa che teneva il proprietario di quei tempi, Gubinelli, sono andati irrimediabilmente perduti. Allora, per narrarne, non restano che le memorie scritte da chi è passato da lì o i racconti dei vecchi frequentatori. Ecco dunque il compito che si assume Angeli con queste Cronache:leggere corrispondenze, documenti, relazioni, registrare ricordi e infine raccontare degli “eletti spiriti” che si riunivano intorno ai tavolini di marmo del Caffè.
E per primo egli cita un documento: la nota di un censimento del 1765 conservato negli archivi della vicina parrocchia di san Lorenzo in Lucina che attesta la presenza di un ‘levantino’ che, con una ‘serva’ e un garzone, gestiva l’allora piccola impresa. Certo Casanova nelle sue Mémoires anticiperebbe la nascita di una ventina d’anni. Ma il censimento fissa una data in cui sicuramente il Caffè Greco risultava aperto, ma prima?
Già in quegli anni la zona era una delle più cosmopolite della città: nei pressi soggiornava la colonia germanica; molti inglesi amavano scendere negli alberghi vicini; artisti da tutto il mondo frequentavano quel centro di Roma che aveva la fama di essere un melting pot di culture; nel 1803 Villa Medici diventa la sede dell’Accademia di Francia, calamitando i più begli ingegni d’oltralpe. E poi arrivavano i viaggiatori del Gran Tour, gli aristocratici russi e i più bei nomi d’Europa. La posizione del Caffè Greco era strategica. A far decollare però la fortuna del Caffè fu, nel 1806, il cosiddetto blocco continentale di Napoleone, che impediva alle navi provenienti dalla Gran Bretagna e dalle sue colonie di attraccare nei porti francesi. Per una serie di giochi, o meglio battaglie, commerciali le merci – e fra queste anche i cosiddetti coloniali, come il caffè e lo zucchero – subirono notevoli rialzi di prezzo. Il proprietario del Caffè Greco non si mise a vendere cattivo caffè di surrogati, come fecero altri. Semplicemente ridusse le dimensioni delle tazze, riportandole alla misura precedente alla fine blocco. E questa prova di onestà fece la sua fortuna.
In quel civico n.86 di Via dei Condotti si tennero anche cospirazioni e si avviarono moti rivoluzionari ben prima del fatidico 1848, perché il Caffè Greco ebbe sempre la fama di luogo “favorito degli artisti, degli scrittori e degli spiriti liberaleggianti di Europa”. Qui, tra gli altri, venne organizzato il complotto di Monti e Tognetti, giustiziati nel 1868, che furono ricordati da Carducci in un’ode e di cui si narra dettagliatamente la vicenda nel libro I misteri del processo Monti e Tognetti di Gaetano Sanvittore (1869, vedi qui in Liber Liber), che divenne la base del film di Luigi Magni In nome del Papa Re (1977). Durante la Repubblica Romana in bottega si venne addirittura alle mani con i francesi.
E qui nacquero le migliori idee di rinnovamento dell’arte. Dopo il 1870, il Governo aveva deciso di creare un’arte nazionale che tendeva a privilegiare gli artisti d’accademia. Ma gli artisti dell’arte della ‘Macchia’, e non solo, resistevano e nel Caffè Greco i ribelli occupavano l’omnibus – la famosissima sala lunga e stretta – mentre gli ‘ufficiali’ la prima sala. Ogni sera erano accesissime le dispute.
Ovviamente starei qui a raccontare all’infinito tutto ciò che contiene il prezioso libro di Angeli, uomo colto, di mondo che di quella bottega del caffè fu un appassionato frequentatore. Vi potrei raccontare di tutte le personalità, gli artisti, gli episodi di cui il Caffè è stato testimone, le pagine splendide e piene di affetto che dedica ai più cari amici come Enrico Coleman, il ‘Birmano’, e soprattutto Cesare Pascarella, il ‘Pasca’, ma lo fa Angeli talmente bene, con uno stile colloquiale, colto e brioso… Sarebbe puro spoiling, sarebbe rovinare del tutto a lettrici e lettori il gusto e il piacere di continue scoperte, di fuochi d’artificio di notizie su persone e luoghi della città. Sì perché le Le cronache del Caffè Greco di Angeli potrebbero essere usate anche come un particolarissimo Baedeker per una Roma di cento, duecento anni fa, a volte scomparsa, a volte ancora presente e vivissima.
Sono un po’ partigiana perché la figura di Angeli mi sembra interessantissima, ma il libro è veramenteun gioiello da non perdere.
L’Antico Caffè Greco, dopo Angeli, ha continuato fino ad oggi ad avere una brillantissima vita, ha seguitato ad ospitare clienti illustri e affezionati: intellettuali, pittrici e pittori, poeti e poetesse, scrittrici e scrittori, musicisti, persone del mondo del cinema, del teatro… Ma in questi giorni la sua lunga vita sembra stia per terminare. Ci auguriamo che questo non accada mai.
Ringrazio Umberto Galerati, Claudio Paganelli e Alberto Barberi che, insieme con me, hanno permesso la pubblicazione di questo instant book in tempi brevissimi.
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi
Dall’incipit del libro:
Nelle prime case di Via Condotti, fra un negozio elegante di mode e un altro di preziosi oggetti d’arte, c’è ancora una bottega d’aspetto antiquato, che in una lastra di marmo porta scritto in quei caratteri che furono di moda durante il primo scorcio del secolo scorso: Antico Caffè Greco. Sui cristalli dell’uscio, poi, la scritta è ripetuta con questa aggiunta che è tutto un titolo di nobiltà: fondato nel 1760. Sono dunque piú di centosessanta anni che il Caffè Greco esiste nello stesso posto e — si può aggiungere — con la stessa clientela di artisti e di letterati: oltre un secolo e mezzo di storia gloriosissima durante la quale i piú nobili spiriti del mondo sono passati nelle sue stanzette basse che anche oggi — fra tanti brutti rinnovamenti estetici e tante pretensiose decorazioni cosí dette d’arte — mantengono con molto buon senso e moltissimo buon gusto il loro aspetto primitivo. La storia del Caffè Greco potrebbe dunque essere un poco la storia letteraria e artistica di questo lungo spazio di tempo se si potesse fare con documenti sicuri: ma questi documenti mancano. Una sorte implacabile li ha distrutti. Scomparso un grosso registro dove gli antichi proprietarî avevano tenuto una specie di diario che sarebbe cosí utile oggi consultare.
Scarica gratis: Le cronache del Caffè Greco di Diego Angeli.