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(voce di Luca Grandelis)«Se qualcuno cerca la verità umilmente senza stancarsi, può capitare che creda di non trovare nulla o che, credendo di svegliarsi, sogni tuttavia, e la verità già dimori in lui». Con questa citazione del filosofo francese Maurice Bellet si apre il libro di Duccio Demetrio dal titolo La religiosità degli increduli. Per incontrare i «gentili» (ed. Messaggero di Padova, 2011), quinto volume della collana «Il cortile dei gentili», diretta da Ugo Sartorio, che ospita tra gli altri un contributo di Roberto Mancini.
Collana cattolica espressamente dedicata al dialogo, l’incontro, lo scambio con i non-cattolici; nel cui alveo Duccio Demetrio – che presenta se stesso come un «non credente che ha mai cessato di interrogarsi sul mistero di esistere» – spiega con una prosa chiara e appassionata cosa significhi oggi essere non-credenti, quali problemi si incontrino nell’approccio alla religiosità odierna, in quale punto urgano ripensamenti comuni e convergenti. E lo fa con uno stile piano, esplicativo, alieno da ogni spinta polemica: «più che presentare qualche tesi dotta e argomentata sulla mia incredulità, mi limiterò a inseguire riflessioni che, da tempo, sopravvengono in me quando mi imbatto con la parola Dio. Non con la parola di Dio. Non intendo perciò asserire alcunché e, tanto meno, ritengo che quanto qui esposto sia tale da suscitare accesi contraddittori. L’incredulità vive di normali banalità, la mia anche di silenzi assoluti. Non ho certezze atee di alcun genere da rivendicare».
Ben presto emerge che la distinzione di principio fra credenti e non credenti è molto più debole di quel che siamo abituati a pensare: il cosiddetto «non-credente» non è affatto qualcuno che non crede a niente, bensì uno che crede cose diverse dagli «altri», da coloro che si autodenominano «credenti». Ciò che risulta evidente nella fede di Demetrio nell’impegno orientato al bene comune, nella tensione verso un’etica condivisa ed efficace, in una vita pubblica piena e ricca dei frutti della solidarietà umana. Difficile dire che l’autore non creda in queste cose; cose tra l’altro per nulla estranee ai principi che ispirano la narrazione evangelica, alla dottrina sociale cattolica, il volontariato cristiano.
Non che tutto sia uguale, ovviamente. Anzi, Demetrio sottolinea che il dissenso con la religione avviene sul piano teorico, più che su quello pratico: le figure del sacro e della verità tipicamente cristiane, la parola «Dio», l’antropomorfismo religioso; la sua posizione offre ai lettori cristiani una rinnovata occasione per riprendere, rivedere, ripensare i propri modelli mentali della divinità, della religiosità, del senso delle cose, spesso dati troppo per scontati. Tante volte davvero troppo umani.
Un libro che va dalla «spiritualità della terra» al desiderio dell’infinito, dalle derive della religiosità contemporanea alle tentazioni dell’ascesi, fino all’eterna questione del bene e del male. Alla ricerca non di una sintesi (impossibile e mai auspicabile tra posizioni reciprocamente incompatibili), ma di un accordo. Perché ciò che conta veramente non è la reductio ad unum del pensiero, ma la pace tra gli uomini.
Duccio Demetrio, La religiosità degli increduli. Per incontrare i «gentili», EMP, 2011, pp. 160, euro 11.