Prendendo lo spunto iniziale dalle considerazioni di Kant a proposito delle scienze sperimentali e scienze descrittive, considerazioni per le quali la psicologia non potrebbe mai essere considerata scienza sperimentale, Faggi esamina gli sforzi di alcuni ricercatori dell’epoca – questo breve saggio è del 1893 – finalizzati a fornire un substrato matematico alla conoscenza della psiche.
L’influenza delle riflessioni prodotte dal “secolo dei lumi” era fortissima. Oltre al pensiero di Kant preso in considerazione da Faggi in questo suo lavoro, è abbastanza celebre quel passo di Hume dove afferma:
«Quando scorriamo i libri di una biblioteca […] che cosa dobbiamo distruggere? Se ci viene alle mani qualche volume, per esempio di teologia o di metafisica scolastica, domandiamoci: contiene qualche ragionamento astratto sulle quantità o sui numeri? No. Contiene qualche ragionamento sperimentale su questioni di fatto e di esistenza? No. E allora gettiamolo nel fuoco, perché non contiene che sofisticherie e inganni!» [Dalla traduzione italiana di M. Dal Pra di: D. Hume, Ricerche sull’intelletto umano e sui principi della morale].
Ne consegue che una parte rilevante dell’attività di studiosi come Wundt, Fechner, Hubert, Stuart Mill (per citare quelli maggiormente presi in considerazione da Faggi in questo suo saggio) fu dedicata al tentativo di sperimentare in senso fisico e matematico le risultanze dei primi approcci della ricerca in tema di studio dell’interiorità umana. Studiosi questi il pensiero dei quali conserva un posto non insignificante nella storia delle idee, ma certamente preoccupati anche di sfuggire ai “roghi” proposti da Hume. Per altro il problema della demarcazione tra scienza e pseudoscienza è estremamente sentito nel mondo della ricerca e degli studi da quasi tre secoli. Farlo retrospettivamente implica tuttavia il rischio di porre in primo piano il problema epistemologico trascurando l’insieme dei fattori economici, sociali, politici che, interconnessi tra loro, hanno condizionato l’affermarsi o il fallimento di varie ipotesi di pensiero.
Nel XX secolo questa necessità di demarcazione è stata efficacemente sottolineata da Popper, senza però impedire che altri epistemologi (Kuhn, Lakatos, Fayerabend etc.) abbiano potuto ammettere che la scienza stessa possa procedere attraverso forme di conoscenza che in un primo momento appaiano come “non scientifiche”. Popper stesso indicò come “pseudoscienze” la biologia evoluzionista, la psicanalisi, il materialismo storico e in merito alla prima dovette poi rettificare e ricredersi. Fin dalla prima metà dell’Ottocento una gran parte del mondo scientifico era convinta che la scienza fosse in grado di illustrare al mondo almeno alcune verità con la stessa chiarezza con la quale i cultori della teologia razionale spiegavano la conoscenza divina. E ancora oggi molto spesso – purtroppo – gli “scienziati” (alcuni di loro) provano ad atteggiarsi a sacerdoti portatori di una qualche rivelazione. Correndo il rischio di ritrovarsi metaforicamente al fianco di compagni di strada come il cardinal Bellarmino o il gesuita Inchofer. Questo breve saggio è quindi utile per conoscere e introdurre un approfondimento del consolidarsi di una scienza giovane, ma va ovviamente inquadrato in un periodo storico nel quale l’ideale illuministico della scienza non solo pretendeva di indicare la strada per liberarsi dalle forme più melmose dell’ignoranza ma di voler fondare tutta la conoscenza su una base deterministica che aveva per modello, quasi sempre dichiarato, la meccanica celeste.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Il Kant distingueva ogni dottrina della Natura in razionale ed istorica. Quest’ultima comprende una descrizione della Natura, cioè una classificazione dei fatti naturali secondo le loro somiglianze, e una Storia Naturale propriamente detta, ossia una esposizione sistematica di essi secondo la loro manifestazione nei diversi tempi e luoghi. Ogni dottrina razionale della Natura invece esige una parte pura, cioè a priori, che stia a fondamento dell’empirica; e siccome una conoscenza pura di determinati oggetti naturali non è possibile che per mezzo della matematica, così ogni speciale dottrina della Natura sarà in tanto razionale in quanto essa contenga di matematica. Ora, la scienza della Natura abbraccia la scienza dei corpi e la scienza dell’anima, ma la matematica non si può applicare ai fenomeni del senso interno, perchè questo non ha che una sola dimensione, il tempo; quindi una vera scienza razionale dell’anima nel senso che si è detto sopra non si può dare. La scienza dell’anima non si potrà poi nemmeno avvicinare alle scienze schiettamente sperimentali, ossia a quelle che riposano su principi empirici e non determinabili a priori, come è secondo il Kant la chimica, perchè la molteplicità dell’osservazione interiore non è modificabile a volontà, nè si può sottomettere secondo il nostro talento un altro soggetto pensante alle nostre esperienze, mentre da un altro lato l’osservazione di sè stesso altera già lo stato del soggetto osservato. Essa resterà quindi una scienza storica, ossia una sistematica dottrina naturale del senso interno, che è quanto dire una descrizione naturale dell’anima, ma non potrà mai essere una vera e propria scienza razionale e nemmeno sperimentale.
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