Questa raccolta, pubblicata da Treves nel 1929, appartiene alla maturità di Angiolo Silvio Novaro.

Il nostro autore è annoverato fra quei poeti, essenzialmente operanti nella prima metà del Novecento e anche oltre, che, legati alla tradizione, non sono mai approdati all’ermetismo; hanno però, in qualche maniera, subito gli influssi delle nuove scuole, cioè quei poeti, come Montale, Ungaretti e Quasimodo, che si erano staccati nettamente dalla tradizione, concependo in modo nuovo la poesia.

Questi poeti, e si possono fare i nomi, oltre che di Novaro, anche quelli di Diego Valeri, Giorgio Vigolo e Arturo Onofri, pur legati alla tradizione, non sono privi di originalità.

In questa volume di Angiolo Silvio Novaro la lezione pascoliana del “parlare sommesso” risulta molto evidente in quasi tutte le poesie della raccolta.

Punto costante di questo poeta, in questo periodo della sua vita, è il ricordo della dolorosa perdita dell’amato figlio Jacopo, caduto in combattimento in una valorosa azione, per la quale si era meritato una medaglia d’argento al valor militare, sulla Marcesina, durante la prima guerra mondiale.

La prima poesia, dal titolo eloquente, Perché tramuti la tua pena in canto, lascia trasparire il suo dolore per questa perdita. Un altro poetico componimento, Il fabbro armonioso (presente in Liber Liber), con poetiche prose è dedicato completamente all’amato figlio Jacopo.

«Perché tramuti la tua pena in canto / E volgi l’arido pianto / In armonia che consola.»

Così è l’incipit di questa composizione, quasi una dedica ricordo all’amato figlio.

Le altre composizioni, quasi tutte di carattere naturalistico, rappresentano una sorta di “impressionismo postsimbolista”. Vi sono descrizioni molto poetiche di sensazioni primaverili o marine.

«La luna, chiara com’acqua di vena, / Salita in solitudine serena / Ride al viandante un riso di sirena” (La luna il viandante). Oppure poetiche visioni naturalistico musicali: “Uccelli sparsi in ospiti roseti / Empiono il cielo della pura sera / Di musici richiami.” (Uccelli sparsi in ospiti roseti). Le sensazioni marine sono presenti: “Davanti al tremulo innocente mare / Tinto d’azzurro e fatto a onde belle / Le semplici lanose pecorelle / Pascono chiuse tra rosette e spine.» (Davanti al tremulo innocente mare).

Non mancano però poesie dove si nota un tentativo di andare oltre il dettato pascoliano, come nella seguente:

«Ohimè che cosa è accaduto? / Il mandorlo è Fiorito, / Ed io nulla ho sentito / Nulla ho veduto!» (Ohimè che cosa è accaduto?).

Un componimento che pone molti interrogativi. Qui non siamo di fronte ad un andamento di “parlare sommesso” e di un fluire placido come in altre composizioni, ma di fronte ad una frattura. L’accadimento di una fioritura di un mandorlo, come se fosse un accadimento strano e improvviso, fuori da un evento naturale.

Ma in un altro componimento la scrittura diventa più frammentaria, singole parole per esprimere un concetto:

«L’aria semplice e serena / Il sole sulle mani / Non sono beni vani: / Sentire / Fluire / Il sangue nelle vene è dono raro / A gustarlo ancora imparo.» (Sopito è il fuoco dove io arsi).

Un poeta sicuramente da riscoprire. La sua fama era legata essenzialmente alla raccolta per bambini, Il cestello, e ad una sua poesia Pioggerellina di marzo, presente per decenni nei libri di scuola. Questo ha forse offuscato il resto della sua produzione.

Sinossi a cura di Piero Giuseppe Perduca

Dall’incipit della prima poesia Perché tramuti la tua pena in canto:

Perché tramuti la tua pena in canto
E volgi l’arido pianto
In armonia che consola
Te con qualche anima sola,
E fai estate dell’inverno reo
E della luna fai un bel cammeo.
Sei forse il piccolo Orfeo.

L’anima dalla gioia disavvezza,
Che t’ascolta dal suo silenzio ingordo,
Del proprio male perde il ricordo,
Naviga dentro un’acqua di dolcezza:
Vi s’affonda, vi si lava,
Chiari spiriti ne cava
E i terreni lacci spezza.

Scarica gratis: Il piccolo Orfeo di Angiolo Silvio Novaro.