Pubblicato nel 1904 a Londra, il romanzo ebbe un immediato successo tanto da essere pubblicato lo stesso anno anche a New York. Il quarantenne autore aveva già raggiunto una fama che garantiva ai suoi libri di diventare immediatamente dei bestsellers e spesso di essere trasposti in spettacoli teatrali o film di forte impatto. Da questo romanzo furono realizzati due film all’epoca del muto, nel 1916 e nel 1927; infine nel 1936 fu girato The Garden of Allah, noto in Italia anche come Anime nel deserto o Il giardino dell’oblio, un film sonoro in Technicolor con Marlene Dietrich e Charles Boyer, entrambi all’apice della loro carriera. Il regista Richard Boleslawski solo due anni prima aveva diretto la Garbo in The Painted Veil (Il velo dipinto) tratto dal romanzo di William Somerset Maugham.
Indubbiamente uno dei motivi che suscitano l’interesse di lettrici e lettori è l’ambientazione esotica. Hichens compì nella sua vita numerosi viaggi in Africa e rimase affascinato dal deserto, dalla popolazione locale, dagli usi e costumi più liberi, meno formali, meno cinici e ipocriti. E fu proprio il suo primo viaggio, quasi trentenne, in Egitto per motivi di salute, a introdurlo nel brillante mondo intellettuale tramite la conoscenza del tutto casuale lì con Lord Alfred Douglas e Oscar Wilde.
Altro ingrediente che rende attraente il romanzo, ma, direi, i romanzi di Hichens, è la componente sentimentale, descritta con una meticolosità quasi psicoanalitica: tutte le fasi dell’innamoramento, del tentativo di resistere all’amore, della lotta tra ragione e sentimento sono descritte come dall’interno della mente dei personaggi. Questo tuttavia rende a volte piuttosto lungo l’evolversi delle situazioni e si ha quasi l’impressione che la vicenda sia descritta in tempo reale.
Infine la suspense: anche in questo romanzo si crea una continua condizione di ansia, di angoscia che lega i personaggi e spesso ne condiziona i comportamenti. Allora si capisce il senso del deserto ricercato con tenacia come luogo di assoluta pace, nel quale il contatto con dio, il dio di qualsiasi religione, permette ad ognuno di conoscere fino in fondo il proprio animo:
«Solo il Creatore ed io
Conosciamo il cuor mio.»
in una dimensione in cui è dio, il creatore, a disegnare i destini delle nostre vite.
La vicenda vede l’incontro fortuito o, se seguiamo il pensiero della protagonista, scritto, voluto da dio, di una donna, Domina, e un uomo, Boris, due anime tormentate che cercano nel deserto la quiete e il silenzio più puro. Accompagna Domina e Boris una umanità fatta di poveri arabi, bambini seminudi ma felici, danzatrici ebree, raffinati personaggi in cerca di un significato alla loro esistenza, missionari che sfidano ogni giorno la loro vocazione, su un palcoscenico mutevole tra oasi rigogliose, frondose di palme e di eucalipti, giardini ricolmi di fiori, montagne azzurre sullo sfondo di infinite distese di dune, città ricolme di colori e suoni e voci.
Spicca la figura della protagonista, una giovane provata dalla vita, che si trova improvvisamente libera da ogni legame e cerca di costruire se stessa in una serenità che finora le è stata negata. È una donna forte, sportiva, lettrice appassionata – con sè ha un bagaglio di libri tra i quali le opere di Jane Austen e di Eugène Fromentin oltre alla Imitazione di Cristo -, capace di gestire le difficoltà e di prendere decisioni anche per gli altri.
Consiglio di lettura: non guardate il film prima di leggere il romanzo!
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS
Dall’incipit del libro:
La stanchezza cagionata da un tempestoso viaggio di mare, e anche, forse, il pensiero di esser pronta prima dell’alba per non perdere il treno di Beni-Mora, non fecero chiudere occhio a Domina Enfilden. L’Albergo del Mare a Robertville era immerso in un profondo silenzio: gli ufficiali francesi che vi stavano a pensione erano già saliti alle caserme sulla collina di Adduna. I caffè avevano chiuso le porte ai consumatori e ai giocatori di domino; i neghittosi ragazzi arabi avevano disertato l’arenosa piazza della Marina. Nei piccoli bazar polverosi gli ebrei, dopo aver contato l’incasso della giornata, giacevano avvolti nelle sgargianti coperte sui loro bassi divani. Nel Porto, dove, ormeggiato contro lo scalo, era il piroscafo Le Général Bertrand, su cui Domina era giunta quella sera da Marsiglia, non rimanevano alzati che due o tre gendarmi e pochi francesi e spagnuoli.
Nell’albergo, il biondo e grassoccio cameriere italiano che da Pisa era andato a cascare nell’Affrica settentrionale, aveva spazzolato i minuzzoli di sulle due lunghe tavole della sala da pranzo, poi fumato un sigaro sottile e bruno sopra il giornale la Dépêche Algérienne; posato quel foglio, si era grattato il biondo capo irsuto guardando un momento fisso nel vuoto come chi è stanco e al tempo stesso indifferente e depresso, e aveva finito col buttarsi sul suo lettuccio, confinato nell’angolo polveroso della camerina sottoscala presso la porta d’ingresso. L’albergatrice s’era tolta il fintino di sulla fronte e aveva già recitato le sue orazioni alla Vergine; l’albergatore aveva scagliato l’ultimo improperio agli ebrei e tracannato l’ultimo bicchierino di rum. Sonnecchiavano tutti come brava gente che ha bisogno di ritemprar le forze per il giorno dopo. Al numero due, Susanna Charpot, la cameriera di Domina, sognava di essere a Parigi, in via di Rivoli.
Scarica gratis: Il giardino di Allah di Robert Smythe Hichens.