Gabetti analizza l’opera del drammaturgo tedesco mettendo in relazione le sue opere con le varie fasi della sua vita e del suo pensiero irrequieto e incoerente culminato nella visita a Roma, la conversione al cattolicesimo e l’attività di predicatore iniziata vestendo l’abito religioso ad Adchaffenburg.

Nel primo periodo, sotto l’influenza massonica, scrisse i due drammi dal titolo complessivo Die Söhne des Tales, influenza che si stempera tuttavia per l’influsso del romanticismo. A seguire Das Kreuz an der Ostee (La Croce sul Baltico – 1806) celebra la vittoria del cattolicesimo degli inizi sul paganesimo e sul falso cristianesimo. Con Die Waihe der Kraft (La consacrazione della forza – 1807) entriamo nella fase luterana che scenograficamente risulterà poi essere la migliore. Seguono le sue opere più note: Die Waihe der Unkraft (La consacrazione della debolezza) e Attila, König der Hunnen (Attila re degli Unni), e soprattutto Der 24. Februar. Quest’ultima, scritta su suggerimento di Goethe, è un atto unico, composto in una sola settimana e con soli tre personaggi; è fondante di un nuovo genere, quello dei “drammi del destino” e apre una lunga serie di “drammi neri”. La data fatale scelta dall’autore è quella nella quale morirono la madre di Werner e il suo migliore amico. È del 1810 la sua opera forse più riuscita: Wanda, Königin der Sarmaten (Wanda, regina dei Sarmati), certamente la più concisa e organica. L’adesione al cattolicesimo segna invece con Kunegunde e Mutter der Makkabäer un impoverimento dei frammenti di vitalità della sua opera. Messa in evidenza, comunque, l’influenza che Werner ebbe su Kleist, Brentano, Fouqué, Grillparzer, Ludwig, Grabbe, Hebbel.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

La vita di Zacharias Werner fu una ricerca affannosa e vana, ricerca tanto più affannosa, in quanto fu vana, perchè l’impotenza non attenua il desiderio, ma, lasciandolo insoddisfatto, lo tormenta e lo esacerba. Il dissidio fra aspirazioni nutrite e realtà conseguita non riuscì nel Werner mai a comporsi: il torbido fermento, che egli portò nella sua anima tempestosa e inquieta, non riuscì mai a chiarificarsi: «Ich werde nie fertig, weder mit meinem Studium, noch mit meinem Charakter, noch mit meinen Kunstwerken, noch mit meinem Leben». Una sete quasi acre di ideale travolse l’uomo nella più nauseante volgarità di godimenti sensuali; una insaziabile sete di verità suscitò nella sua mente esaltata tumulti confusi di idee, che si aggrovigliarono in concezioni strane, talora oscure, spesso incoerenti: nessuna delle sue opere raggiunse l’ideale d’arte, verso di cui egli tese con sforzo costante e con entusiastica fede. Eppure entro tutto questo torbidume balenano fiamme di una luce singolare: entro le impurità del fermento scorgete germi di vita nuova in formazione. Se, mancando a lui il genio unitario, primitivo ed elementare del Kleist, i suoi drammi non raggiunsero l’altezza che questi, sotto il premere della passione e della ispirazione, conquistò, in lui però, prima ancora che nel Kleist riconoscete le tendenze del dramma moderno, come esso dalle forme impressegli dallo Schiller e dal Goethe si venne svolgendo in quella direzione, che poi conservò con il Ludwig e con l’Immermann, con lo Hebbel e con il Wagner.

Scarica gratis: Il dramma di Zacharias Werner di Giuseppe Gabetti.