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(voce di SopraPensiero)Il dialogo interculturale, si sa, investe diverse sfere del sapere, dalla sociologia alla teologia, dalla linguistica all’antropologia. Ma, ancor prima di interrogarsi su come sia più opportuno condurre un tale incontro, definendone termini e modi, è necessario porsi una domanda fodamentale: un dialogo interculturale è veramente possibile? A quali condizioni? Con quali obiettivi? Qui entra in gioco la filosofia, con la sua riflessione in primo luogo epistemologica: esiste, ad esempio, una «cosa in sé», la cui visione soggettiva (o collettiva, o culturale) ciascuno porti poi all’interno del dialogo? Si dovrebbe aspirare a una composizione dialettica del confronto, sintetizzabile in una posizione unica, o piuttosto a un’armonia tra posizioni diverse, dove l’unità venga prima dell’unicità? Esiste forse un universale che tutti, prima o poi, dovrebbero riconoscere […] o dovremmo rinunciare a questa idea, ammettendo infine che, in questo nostro mondo, non c’è niente di assoluto?
Enrico Riparelli, docente di Interculturalità e Religione presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Padova, scrive un testo scientifico rivolto agli studiosi (anche se il taglio discorsivo lo rende accessibile anche ai non specialisti), che è a sua volta un esempio di dialogo effettivo, svolto – grazie alla mediazione dell’autore – tra i tre filosofi qui chiamati in causa: Paul Ricoeur, francese, Bernhard Waldenfels, tedesco e Raimon Panikkar, catalano. Tre prospettive che si intersecano e si interrogano sui nodi fondamentali del dialogo interculturale, con le sue potenzialità e con i suoi limiti, certo, ma soprattutto con la sua inevitabile necessità, in questa nostra epoca nella quale sembra che nessuno più possa rivendicare il possesso di soluzioni generali ai problemi globali (terrorismo, clima, economia ecc.). Basato su una solida conoscenza degli autori e una ampia bibliografia quadrilingue.
E. Riparelli, Itinerari filosofici per un dialogo interculturale, ed. Messaggero di Padova, 2015.